Perdita di memoria… – Racconto

Caro diario,
oggi voglio raccontarti di un momento molto importante della mia vita accaduto quando ancora io e te non ci conoscevamo.
Come sai, sono una donna felicemente sposata, con due figlie adorabili e il lavoro che ho sempre sognato, la mia vita è perfetta, ma non è sempre stata così.
L’altro giorno, mentre tornavo a casa ho visto un uomo con un cappotto stile scozzese e un cappellino di lana. E allora, mi dirai tu? Cosa c’entra? Beh, quell’uomo mi ha fatto riaffiorare un vecchio ricordo, più precisamente di dieci anni fa. In quel periodo ebbi numerose esperienze deludenti, tra cui un colloquio di lavoro andato male e il tradimento della mia amica. Ormai non mi fidavo più delle persone e avevo perso anche la fiducia in me stessa, e così mi ero “chiusa” nel mio mondo e non ci facevo entrare nessuno. Trovai un nuovo lavoro fuori città, non era quello che sognavo ma era meglio di niente. Ogni giorno prendevo il treno e incontravo ogni volta un uomo, aveva circa sessant’anni e si vestiva sempre allo stesso modo, sia d’inverno sia d’estate, con un cappotto stile scozzese e un cappello di lana. Un giorno di questi, dopo essermi seduta sul sedile del treno, lui si mise accanto a me. Cominciò a parlare… io sinceramente non avevo nessuna voglia di ascoltarlo, ma per non essere scortese iniziai anche io a conversare. Innanzitutto mi salutò, disse che si chiamava Harry e andava a trovare i suoi nipotini, mi raccontò che aveva perso sua moglie e si sentiva molto solo. Mi rattristai e mossi le labbra leggermente per cercare di dire qualcosa per consolarlo, anche se non sapevo cosa, ma lui mi sorrise come se avesse capito le mie intenzioni. Disse che doveva scendere, ma prima mi chiese: “Qual è il suo nome, signorina?“
Io risposi: ”Il mio nome è Kathline, ma mi può chiamare Kate”.
Annuì e scese dal treno. Fu incredibile, poiché mi ero appena aperta con uno sconosciuto. Il giorno passò molto velocemente, tornai a casa, mi gustai un buon piatto di spaghetti e mi misi a dormire, ero serena. Per molti giorni di seguito incontrai di nuovo quell’uomo e piano piano cominciai ad aprirmi con lui sempre di più. Qualche tempo più tardi dal nostro primo incontro cominciai a parlargli del mio brutto momento e delle mie delusioni, lui annuì a occhi chiusi come se si stesse immaginando le scene. Per prima cosa ripensai un attimo al colloquio di lavoro, quel ricordo era molto nitido e mi ricordavo ogni singolo dettaglio, così cominciai a raccontare. Quella mattina ero veramente di buon umore, andai a fare colazione al bar sotto casa, presi un caffè doppio macchiato, con una leggera cremina bianca sopra, proprio come piaceva a me. Mi sedetti su una poltroncina rosso scarlatto vicino alla finestra, da lì potevo vedere tutto, sorseggiai con calma il mio caffè, dato che ero circa mezz’ora in anticipo. Così mi concedetti qualche minuto per guardare fuori, vidi le solite attività mattutine di tutti i giorni: il bus arrivare alla fermata, le persone che correvano con gran fretta per non arrivare tardi a lavoro, un signore appena uscito fuori di casa ancora in vestaglia che prendeva il suo giornale, una ragazza che portava a spasso il cagnolino e il postino che finiva le ultime consegne. Tutto assolutamente normale. Finii l’ultimo sorso di caffè, tirai un sospiro di sollievo, presi la mia borsa di pelle marrone e mi avviai a lavoro. Guardai un’altra volta l’orologio e vidi che mancavano ancora venti minuti, così tirai fuori dalla mia borsa il giornale e mi sedetti su una panchina al parco. Ero immersa nella lettura ma dopo poco mi accorsi che mancava circa un quarto d’ora e dovevo arrivare in ufficio un po’ prima, così decisi di non perdere tempo e avviarmi. Ero ancora qualche minuto in anticipo. Non so per quale motivo, ma i successivi dieci minuti furono i più sfortunati della mia vita. Mentre attraversavo la strada un uomo in macchina quasi mi investì, un ragazzino sputò in aria la sua gomma da masticare rosa che finì sui miei capelli, poi arrivò una raffica di vento che fece volare via tutti i fogli che avevo in borsa e così feci di tutto per recuperarli ma mi spettinai tutta, insomma non poteva andare peggio, io credevo, ma appena dopo essermi ripresa arrivò il colpo finale, la goccia che fece traboccare il vaso: un piccione mi fece i suoi bisogni sulla spalla. Ero in condizioni pessime ed ero in ritardo, corsi fino ad arrivare in ufficio ma vidi un uomo in camicia nera chiudere le porte. Sentenziò: ”I colloqui sono terminati” ma io risposi implorandolo: ”La prego, ci vorrà solo qualche minuto…” L’uomo ci pensò su un attimo, poi riaprì le porte e io lo ringraziai numerose volte. Prima di entrare dal direttore mi diedi una sistemata nel bagno delle ragazze, mi tolsi la gomma dai capelli, tolsi la giacca e presi la spazzola di emergenza che tenevo in borsa. Feci un bel sorriso, mi guardai e mi dissi: “Ce la puoi fare!” Uscii dal bagno, mi soffermai un attimo davanti alla porta grigia con appeso un cartello che avvisava trattarsi dell’Ufficio del Direttore. Sospirai, bussai due volte e sentii il rumore delle mie nocche che sbattevano sulla superficie della porta riecheggiare in tutto il corridoio, udii una voce fredda dire: ”Avanti”. Sinceramente non ricordo ciò che disse precisamente il Direttore ma una frase, oh , quella sì che me la ricordo… l’uomo in cravatta azzurra disse: ”…questo lavoro non è proprio adatto a lei, signorina”. Game over. Ero fuori, anzi non ero neanche entrata…
Harry, quando notò che il racconto era finito, riaprì gli occhi, mi diede una pacca sulla spalla, mi salutò e disse che avrebbe aspettato il continuo il giorno dopo. Anche quel giorno passò in fretta e finalmente sentii che mi stavo liberando da tutto il peso che portavo sul cuore. Il nostro rapporto cominciava ad essere sempre più forte anche se Harry era un tipo silenzioso, ma quelle poche parole che diceva erano molto profonde. Il giorno dopo gli raccontai della mia seconda delusione: la mia amica Megan. La mia migliore amica. Era una ragazza dai capelli scuri, si vestiva in modo grazioso a parer mio, ed eravamo molto amiche. Io le avevo raccontato tutti i miei segreti, le mie emozioni e le mie paure ma lei andò a spifferarle a tutti. Così litigammo lo stesso giorno del colloquio e la mia giornata andò di male in peggio. Da quel giorno non ci parlammo più. Così, per cambiare discorso chiesi a Harry come mai portava sempre lo stesso cappotto e lo stesso cappello. Lui rispose che erano un regalo di sua moglie e per averla sempre con lui li metteva ogni giorno; notai che non gli piaceva parlare di sé e subito mi chiese: ”Invece tu, Kate, perché porti sempre quella collana a cuore?”
Me la tolsi e gli feci notare che c’era incisa una parola, ”Fiducia”, per ricordarmi che bisogna sempre avere fiducia, ma io non ricordavo più cosa era la fiducia. La guardai un’altra volta e dissi: ”Ora credo che non abbia più un gran significato”. La porsi a Harry, la prese e la girò tra le dita più volte poi me la rese e disse: ”Dovresti averne come una volta, mia cara, facciamo un patto: se io smetto di vivere nel passato e inizio a vivere il presente, con i miei figli e i miei nipotini accanto, guardandoli senza ricordare in modo triste ciò che ho vissuto con loro e mia moglie, tu tornerai a fare quel colloquio di lavoro e andrai dalla tua amica per discutere sull’accaduto. Ci stai?“ Ci riflettei un attimo e poi pensai che ormai non avevo niente da perdere, così accettai. Ci salutammo, scesi dal treno, chiamai al lavoro fuori città per dire che mi licenziavo, prenotai il colloquio e, appena arrivata, non esitai a entrare. Quando uscii dalla porta grigia dell’ufficio il mio sogno si era avverato: avevo ottenuto il posto che sognavo. Feci uno urlo di eccitazione e poi chiamai Megan: le dissi che dovevamo parlare. Ci trovammo al parco vicino alla stazione, io mi sedetti sulla panchina davanti alla fontana e la vidi arrivare in lontananza, era tanto che non la vedevo e mi era mancata così tanto che capii che avevo sbagliato a giudicarla e ad allontanarmi da lei. Così non esitai a correrle incontro e ad abbracciarla, lei disse che le dispiaceva e io la abbracciai sempre più forte. Tutto era perfetto ed io ero finalmente felice.
Caro diario, questa è la storia di una ragazza che aveva perso la memoria di cosa è la fiducia e di come è riuscita a ritrovarla con l’aiuto di un amico inaspettato. Questa è la mia storia.
Valentina Bruni – Classe 2A