Quando è cambiata la mia vita – Racconto

Ricordo molto bene i giorni che precedettero l’incarico che mi cambiò la vita e ho deciso di narrarli proprio qui, in una delle pagine del mio libro.
Era una fredda e insolita domenica mattina qui a Seattle; io come ogni giorno mi dirigevo al mio
studio cinematografico percorrendo le vie del centro, completamente ricoperte di brina, in compagnia del mio goffo cane Oscar.
Lui slittava sul sottile strato di ghiaccio trascinandomi con lui, aveva fretta di arrivare per ricevere la gustosa e quotidiana ricompensa dal mio capo Jade, oggi come non mai. Le mie scarpe sfioravano a malapena quella distesa di ghiaccio che si presentava su tutto il tragitto, ero all’oscuro della direzione che stesse prendendo il mio cane ma mi fidavo di lui quando improvvisamente si fermò. Io caddi a terra goffamente e voltai subito il mio sguardo un po’ nervoso ma comprensivo verso il muso di Oscar per fargli una carezza, così notai che stava insolitamente annusando un foglio di carta completamente ghiacciato. Mi sfilai i guanti per riuscire ad afferrarlo e leggere di cosa si trattasse: era un volantino in cui era annotato il luogo e l’orario per un provino di recitazione in un prestigioso film.
Sorrisi, lo misi istintivamente nella mia borsa e ripresi il mio tragitto, durante il quale pensai all’accaduto.
Arrivata allo studio mi preparai a registrare lo spot pubblicitario e una volta finito mi diressi a casa senza aver parlato con nessuno di ciò che mi era successo.
Entrai nel mio piccolo loft, mi tolsi il cappotto, le scarpe e la sciarpa, poi mi misi comoda per un pomeriggio di relax, infilandomi vestaglia e calzettoni di lana e alzando il riscaldamento al massimo.
Ho sempre pensato che il mio monolocale fosse come una parte di me,sono consapevole del caos che lo caratterizza, ma è proprio questo che lo rende accogliente. Nessuno dei miei amici ha mai varcato la soglia, a dirla tutta neanche i miei genitori quando sono venuti a trovarmi da Brooklyn: l’unica eccezione è il mio cucciolo di san Bernardo. Lo considero come un piccolo studiolo tutto mio per raccogliere i miei pensieri.
Oscar si sedette accanto a me e fece un mugolio, poi capì che nonostante le sue lamentele non sarebbe uscito al parco e si addormentò sulle mie ginocchia mentre io spulciavo siti su siti per avere ulteriori informazioni su quel provino. Cenai con una semplice minestra in brodo, come era usuale quando ero molto indaffarata con il lavoro, quindi andai subito a letto, domani mi aspettava una lunga ed impegnativa giornata.
La sveglia suonò puntale come sempre alle 5:20, l’orario di inizio giornata, scorbuticamente la spensi subito e ricominciai ad avvolgermi e rannicchiarmi nel caldo ed ingombrante piumone d’oca.
Continuai così fino a quando un fascio di sole di quella fredda giornata penetrò dal lucernario di camera mia, quindi,non ebbi più scuse per rimanere a letto: erano già le 5:45.
Calzai velocemente le pantofole a forma di coniglietto che mi aveva da poco mandato dal New Jersey la mia cuginetta Lili e corsi in cucina inciampando tra I vestiti che avevo lasciato la sera precedente sul pavimento. Aprii il frigo, ma puntualmente era vuoto: tra tutta quella fretta di tornare a casa ieri mi ero dimenticata di andare all’alimentari di Mark a fare la spesa, l’unica cosa che rimaneva in un ripiano in basso era metà mela avvolta nella stagnola che non avevo avuto il tempo di finire, così decisi di lasciarla a Oscar, avrei preso un caffè più tardi.
Mi ricordo molto bene l’ora in cui uscii di casa: erano le 6:04,come faccio a ricordarlo? Beh, proprio quando stavo per chiudere la porta a chiave, il citofono suonò e, insieme al grande faccione di quell’uomo simpatico che portava il giornale, mi si proiettò a caratteri cubitali anche l’orario.
Fu lì che mi resi conto che ero davvero in ritardo. Sfrecciai fuori di casa e non feci neanche caso all’espressione che fece il postino, solo dopo ripensai all’impressione che gli avevo dato. Procedevo velocemente,senza correre per non andare troppo nell’occhio, per le strade come una manager il suo primo giorno di lavoro: fogli, moduli e cartelle mi riempivano le braccia.
Proprio all’angolo del teatro, che forse avrebbe cambiato il mio futuro, mi venne un languorino, decisi di fermarmi a Starbucks per prendere un caffè che mi sarebbe servito per darmi energia. Dopodichè mi feci avanti.
Quando arrivai all’ingresso guardai perplessa il volantino su cui era scritto l’indirizzo, non sembrava affatto un teatro prestigioso bensì un edificio completamente cementificato con sopra una grande scritta a led rossa , “Theater”, così era scritto.
Una ragazza di nome Charlie, lei si era presentata così e aveva sicuramente notato la mia espressione, mi invitò ad entrare sfilandomi il dépliant di mano. Passai per un piccolo e basso arco a volta che mi condusse in una grande e stupefacente stanza; un palco colossale si trovava proprio di fronte a me: telecamere, direttori del suono, stilist e make-up artist correvano per tutto il set insieme ad un altro migliaio di persone. Charlie mi tirò per un braccio e mi fece vedere il mio posto. Insieme a me c’era un altro centinaio di ragazze, conosciute e non conosciute in questo campo lavorativo. Mentre io ripassavo la parte da recitare,il regista chiamava una ad una ogni ragazza per salire sul palco a fare il provino, poi arrivò il momento del mio turno.
“Heidi Dickens è gradita sul palco, per favore” urlò un uomo con una lunga barba bianca. “Arrivo!“ gridai io. Mentre percorrevo quel lungo corridoio che mi avrebbe portato sullo scenario, ammetto di essere stata sommersa da dubbi e paure, ma feci finta che questi sentimenti non scorressero in me per sembrare una ragazza universitaria più matura e sicura di sé. Recitai ogni singola parola che era stata trascritta sul copione e senza aggiungere altro tornai a casa.
Era stato un momento molto emozionante; sapevo che era un ruolo infimo in un grande film ma comunque se mi avessero accettata questo evento forse avrebbe segnato la mia vita. Aspettai fino a tarda serata la chiamata, ma questa non arrivava mai, speravo sempre più che arrivasse all’ultimo momento come nei film, ma non fu così. Andai a letto senza neanche dare la cena ad Oscar, ero davvero delusa di me stessa.
La mattina successiva non fu né una leccata del mio cane né la sveglia a svegliarmi bensì il campanello.
Ancora mezza addormentata, aprii la porta. Davanti a me trovai nuovamente il faccione del postino che ancora una volta mi aveva colto di sorpresa. Mi scusai con lui per i precedenti e lui mi rispose solo con un “complimenti” ed un sorriso a trentadue denti, poi andò via lasciandomi una lettera in mano. Io non capii la sua affermazione fino a quando non lessi cosa era il contenuto! Stavolta non era una bolletta, ma una lettera di ammissione su cui era scritto l’orario di registrazione del giorno precedente, chi si immaginava che al tempo di oggi arrivassero ancora le lettere per informare le persone su questi avvenimenti? Non riesco a descrivere le mie emozioni. Penso sia stato uno dei momenti più significativi per me, e anche se io ho raggiunto il mio successo e la mia fama da attrice ormai da molti anni , mi chiedo ancora se è grazie al destino che io quella fredda mattina di gennaio trovai quel foglio di carta che mi cambiò la vita. È ormai da molti anni che questo pensiero mi tormenta: cosa avrei fatto se ciò non fosse successo? Avrei fatto la casalinga? Sarà stata una coincidenza? Questo non lo so ,ma posso solo ringraziare per l’opportunità che mi ha segnato la vita.
Sofia Corsini – Classe 2A