Viaggio in Malesia – Racconto

Mi ricordo ancora quel viaggio…..
Era, se non mi sbaglio il 27 maggio, il giorno prima del viaggio in Malesia per visitare la grotta di Batu con la scuola. Ero pronta a partire con la mia valigia viola, rotta ai lati, di chi sa quanti anni fa, piena e pesante come se dovessi trasferirmi lì. Ero felicissima e solo al pensiero di partire mi venivano i brividi. Non sapevo che fare in quelle 14 ore, 27 minuti e 24 secondi rimanenti se non guardare in continuazione l’orologio e le sue lancette che andavano più lente di un bradipo. Mi misi a dormire e mi svegliai il giorno dopo alle 5 di mattina, senza guardare quell’orologio che il giorno prima non avevo mai smesso di fissare. Pochi minuti dopo guardai di sfuggita l’ora pensando che fosse ancora presto, ma appena realizzai che erano le 5.02 minuti mi ricordai che il pullman partiva alle 5.15. Mi preparai in fretta senza truccarmi o pettinarmi, con la faccia che pareva quella del Grinch, uscii di casa correndo, senza salutare né mamma né papà. Il pullman mi stava aspettando mentre tutta la mia classe mi urlava nelle orecchie: – Sbrigati, sbrigati, sbrigati! –
Io, con la mia corsa imbranata e quella valigia a strasciconi, cercai di raggiungerli. Salii finalmente sul pullman, dove incontrai Chiara che mi teneva il posto e mentre mangiavo una merendina salutai i miei genitori per telefono. Arrivammo all’aeroporto e ci infiltrammo illegalmente nella fila  del check-in. Salimmo finalmente sull’aereo, presi posto accanto a Chiara, mi allacciai la cintura e mi misi le mie adorate cuffie. In breve ero tra le braccia di Morfeo.
Arrivammo a destinazione il giorno seguente alle 14 in punto e andammo subito in hotel. La nostra camera comunicava con quella di Viola e Asia, le nostre più acerrime nemiche: stavano tutto il giorno attaccate al cellulare e per questo a noi non piacevano. Il giorno seguente andammo a visitare la famosa grotta di Batu, dotate di cellulare e macchina fotografica. Appena entrammo, fummo stupefatte dalla mastodontica bellezza della statua di fronte a noi. Poco dopo, quando entrammo nel cuore della grotta, tutta per noi dato che non c’era nessuno, avvertimmo una forte scossa di terremoto. Iniziò a crollare una piccola parte della parete che dava all’esterno, tutti impauriti cercammo di ripararci sotto qualsiasi cosa. Ci fu una seconda scossa, ancora più forte della prima, che ci divise in tanti piccoli gruppi. Io e Chiara capitammo per nostra sfortuna proprio con Viola e Asia che, senza accorgersi della gravità della situazione, stavano a pensare alla connessione non più disponibile… insomma, un vero e proprio disastro. Urlammo contro loro due e ci mettemmo a litigare tra di noi finché Chiara non gridò un – Basta! – talmente perentorio che restammo tutte in silenzio. Era inquietante: non si sentivano altre voci in giro e gli altri gruppi erano scomparsi. Entrammo in un panico totale, e in quel momento preciso avvertimmo una terza scossa, ma appena sentimmo il rumore di una sirena ci calmammo non sapendo che quella non era un’ambulanza venuta a salvarci, bensì l’allarme sismico. Aspettammo minuti, ore, forse persino giorni, ma nessuno arrivava. Nella grotta si gelava: quanto avrei voluto stare al calduccio davanti al camino della taverna, ma non ero lì… Mi venne un’idea forse brillante, come nella storia del topino Federico, che mi raccontava sempre mamma da piccola, al che esclamai di punto in bianco: – Pensiamo al Sole! –
Asia si mise a ridere, ma io e Chiara provammo a immaginare, anche se molto difficile, il Sole o qualsiasi altra forma di calore, e subito ci sentimmo meglio. Passarono due giorni dall’arrivo in Malesia: quel viaggio che avevo tanto sognato si era trasformato in un incubo che mi perseguitava la notte e non mi faceva dormire. Mi ricordai che in nello zaino avevo una torcia , la tirai fuori e illuminai le rocce cadute accanto a noi. Vidi una piccola apertura da cui penetrava una luce e decisi di iniziare a scavare, a me si unirono Chiara, Viola e perfino Asia, più determinata che mai. Pian piano iniziammo a trovare, luce con luce, fino a che davanti a noi non si aprì una immensa facciata verde dell’esterno della grotta. Il telefono riprese a funzionare e per questo subito chiamammo i soccorsi i quali liberarono tutti gli altri. Tornammo a Firenze dai nostri genitori che, anche solo per quattro giorni ci erano mancati da morire.

Alessia Restaino & Chiara Donatone – Classe 1D