L’ESAME DI MATURITA’

Pochi giorni fa gli studenti nati nell’anno 1999 sono stati gli ultimi a sostenere il “tradizionale” esame di maturità.  Dovendo preparare una tesina, con professori esterni alla loro scuola e con la terza prova. Ma qual’è il senso di questo esame?

L’esame di maturità nasce nel 1923 per volere di Giovanni Gentile, all’epoca ministro dell’istruzione. L’esame da lui creato, era molto più duro di quello attuale: i commissari erano professori universitari, le prove scritte erano quattro e i giudizi estremamente severi: solo poco più della metà dei maturandi dell’epoca riusciva a farsi promuovere. Successivamente l’esame sarà semplificato fino ad arrivare al 1969, in cui il programma d’esame sarà ridotto a solo gli argomenti dell’ultimo anno.

L’ esame che conosciamo oggi è stato prodotto dai ministri  Berlinguer (nel 1997) e Gelmini (nel 2009).

Dopo questa breve parentesi storica, chiediamoci quale sia lo scopo nel 2018 di questo esame.

Alcune fra le persone intervistate da un’indagine dicono che il voto di questo esame servirà per entrare all’università in una graduatoria più alta, ma esse non sanno che ormai per entrare in quasi tutti gli indirizzi universitari è necessario sostenere un test d’ammissione e che le università considerano il voto di questo test quando stipulano le graduatorie.

Altri dicono che è necessario per dimostrare che lo studente ha superato anche l’ultimo anno di liceo, ma dal momento in cui uno studente viene ammesso all’esame soltanto il 3% (secondo una statistica riporta dal giornale: Repubblica) non riesce a superarlo, e spesso questi pochi studenti sono privatisti.

Sembra un paradosso, perché gli studenti devono sostenere un esame che non ha alcuna utilità al loro futuro?  Forse serve a testare la loro ansia, forse ha un valore psicologico o forse veramente a questo esame è rimasto solo un valore simbolico? Quel valore cioè del passaggio dal mondo degli adolescenti a quello degli adulti, come evidenzia il film: ” Notte prima degli esami”.

 

Di Sara Mion