Prima l’alternanza o Alterniamoli a scuola loro?

ROMA – L’alternanza scuola-lavoro è una modalità didattica che, attraverso l’esperienza pratica, aiuta a consolidare le conoscenze acquisite a scuola e a testare sul campo le attitudini degli studenti, ad arricchirne la formazione e a orientare il percorso di studio e in futuro di lavoro, grazie a progetti in linea con il loro piano di studi.

L’alternanza scuola-lavoro è obbligatoria per tutti gli studenti degli ultimi 3 anni delle scuole superiori ed è una delle innovazioni più significative della legge 107 del 2015, la cosiddetta “Buona Scuola”. È disciplinata dai commi 33 ai commi 43 della legge 107/ 2015.

Con quest’esperienza lo studente è in grado di apprendere cose nuove che dovrebbero essere inerenti al proprio indirizzo di studio e di sperimentare e capire le mentalità del mondo lavorativo. Inoltre quest’esperienza può essere molto importante per superare la mentalità delle scuole italiane, che rende difficile l’inserimento nel mondo del lavoro. Questi buoni proposti devono però scontrarsi con il mondo reale.

Per la maggior parte dei casi gli studenti vengono inseriti in strutture non coerenti con il proprio indirizzo di studio, in altri casi le strutture che vengono assegnate non sono raggiungibili in modo semplice dallo studente. Nei licei si dovrebbe raggiungere un minimo di 200 ore in 3 anni mentre 400 negli istituti tecnici e professionali. E il conteggio delle ore si basa su attività svolte in orario scolastico o extrascolastico, il che comporta anche la possibilità di partecipare a progetti anche d’estate. Le strutture sono di ogni tipo, possono essere aziende, enti culturali e centri sportivi/società benefiche.

Le ore in molti casi non sono ben gestite e questo comporta il fatto che gli studenti si ritrovano a dover svolgere l’alternanza tutta ammassata in una settimana, questo, vuol dire che i professori perderanno un’intera settimana di lavoro che dovrà essere recuperata con un impegno notevole. Un altro problema dell’alternanza scuola lavoro è la comprensione dei professori, infatti i professori molto raramente accettano come giustificazione per non aver studiato il fatto che il pomeriggio precedente si era stati impegnati per l’alternanza.

In molti altri paesi l’alternanza scuola-lavoro è presente, in Francia, per esempio, l’alternanza esiste già dai primi anni del 2000 e viene offerta negli ultimi anni del collège, con l’obiettivo di offrire un diverso approccio alla didattica al fine di ridurre il numero di studenti che lasciano il sistema educativo senza qualifica e si può sviluppare in collaborazione o con il liceo o con un’azienda o con entrambe. In Germania invece la situazione è diversa, infatti lo studente tedesco a quindici anni sceglie se proseguire gli studi accomodandosi tra i banchi di un liceo generalista oppure decide di partecipare al sistema duale. Il sistema duale, anche chiamato duale Ausbildung consiste nel suddividere il tempo trascorso a scuola in 3 parti, 1/3 del tempo lo trascorrono a scuola mentre i restanti 2/3 in un’impresa con un contratto di apprendistato.

Una volta terminato il percorso, lo studente diventa un lavoratore, nel 2014 il duale certificava 327 qualifiche professionali diverse.

In Italia l’alternanza è entrata a pieno regime solo quest’anno, con circa un milione e mezzo di ragazzi coinvolti. Nonostante la breve vita, questa legge ha creato una netta divisione tra chi la vede come occasione da sfruttare per affacciarsi al mondo del lavoro e chi la vede come un’imposizione che provoca inutili perdite di tempo nel complesso. Per questo, solo in questo anno scolastico ci sono stati centinaia di cortei in tutta Italia per manifestare contro l’alternanza.

Qualcuno evidenzia anche le differenze geografiche tra diverse aree del paese in termini di opportunità offerte agli studenti. In molti, comunque, concordano che eliminare l’obbligo di ore di alternanza per l’ammissione all’esame, inserire una retribuzione anche simbolica e affidare allo stato anziché alle singole scuole la gestione dei progetti e dei rapporti con le strutture che ospitano gli studenti porterebbero ad un miglioramento nella percezione dell’opinione pubblica.

 

Su questo tema abbiamo intervistato il presidente dell’associazione nazionale presidi del Lazio Rusconi:

– Cosa ne pensa dell’alternanza scuola lavoro e dei suoi effetti sull’esame di stato?

– Guardi, l’alternanza scuola lavoro è di per sé un’iniziativa importante a livello formativo, non inventata da noi italiani, ma presente in tutto il mondo scolastico occidentale.

Noi, però, abbiamo importato questa iniziativa importante creando delle difficoltà; per esempio con le aziende: quelle che aderiscono all’alternanza scuola lavoro, infatti, non ricevono alcuna forma di indennizzo, per cui avviene che solo grandi società, come Eni e Fiat, sono interessate, mentre la piccola azienda, che deve mettere in campo un tutor per qualche giorno per poter seguire i ragazzi, si chiede come poter ammortizzare i costi, visto che il tutor in questione deve pagarlo lei e non riceve nulla da parte dello Stato.

Questa è una delle difficoltà che noi abbiamo previsto prima ancora che la legge entrasse in vigore, ma non siamo stati ascoltati. Nessuno mette in dubbio che si tratti di un’iniziativa importante, non solo perché permette ai giovani di approcciarsi al mondo del lavoro (che sarebbe la cosa meno interessante), ma soprattutto perché li mette in contatto con l’organizzazione del lavoro stesso: ciò significa che lo studente del terzo, quarto e quinto anno tratta con una struttura che richiede il rispetto di alcune regole, la conoscenza di alcune modalità organizzative ed arriva a vedere come si opera in team, tutte cose che poi gli serviranno quando, in futuro, troverà un lavoro adeguato alle sue capacità.-

Quindi il problema che emerge riguarda fondamentalmente la gestione e la tempistica. Anche su questo spero che lei possa esprimere la sua opinione.

-Assolutamente sì. Ritengo, ad esempio, che 400 ore nei tecnici e nei professionali e 200 ore nei licei siano troppe, un carico enorme, e che le scuole spesso siano lasciate a se stesse; non basta, come ha fatto il Ministero, fare un elenco delle aziende disponibili, perché spesso l’azienda che si dichiara disponibile viene presa d’assalto da 100 scuole. È chiaro che si devono eliminare 90 di queste richieste. Inoltre, è ovvio che le scuole di periferia (per periferia intendo soprattutto la provincia) hanno più difficoltà: voglio dire, a Roma, grazie anche a noi e all’associazione presidi, c’è stata la disponibilità della biblioteca della Treccani, che è una cosa favolosa, e dell’archivio storico dell’ Eni, dove ci sono tutte le carte da quando questa azienda è nata, quindi veramente carte di un’importanza non solo storica ma anche diplomatica ed economica notevole; io dico che il paesetto in provincia di Messina o il paese in provincia di Sondrio magari hanno molte più difficoltà, e queste cose andavano valutate meglio fin dall’inizio. È stata una un’iniziativa importante ma è stata lanciata con troppa frettolositá sulle scuole stesse.

-Invece cosa può dirmi del ruolo materiale che i dirigenti scolastici hanno? Glielo chiedo perché, essendo un dirigente scolastico, probabilmente nessuno meglio di lei può rispondere.

-Il ruolo dei dirigenti scolastici nell’alternanza scuola lavoro è un continuo “darsi da fare” per trovare attività di qualità, il che vuol dire che non bisogna mandare gli studenti in ufficio a svuotare i cestini oppure a fare le fotocopie (come invece è successo in qualche caso). Questo altro non è che un abbrutimento di quelli che sono gli scopi di questa legge. In base a come viene gestita l’alternanza scuola lavoro si capisce anche la pregevolezza professionale del capo d’istituto. Così come non tutti gli insegnanti sono bravi e non tutti gli studenti sono bravi, non tutti i presidi sono bravi ed è capitato spesso che avessimo proteste dagli studenti, giustissime, perché il preside aveva fatto, come si dice a Roma, “la Romanella”, ossia una cosa fatta tanto per fare. Le cito un esempio che è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare a Roma: un liceo del centro aveva affidato dei ragazzi ad un call center, perché il preside era amico del gestore. Il risultato è che li tenevano per quattro/cinque ore come schiavizzati e quando qualcuno di questi ragazzi ha protestato, hanno detto “attenzione, vi facciamo bocciare”. Queste sono cose gravissime, che tra l’altro sono servite a qualcuno che voleva andare contro l’alternanza scuola lavoro e gettare fango su di un’iniziativa valida se ben gestita e condotta. Quindi, è vero che quando ci sono cose negative vanno messe in evidenza però non bisogna “buttare l’acqua sporca con il bambino” come In molti casi qualcuno ha fatto.

-Per quanto riguarda il feedback che vuoi dirigenti scolastici avete da parte di docenti e studenti, quanto viene preso in considerazione e ascoltato in concreto?

– A Roma abbiamo avuto diversi mesi fa all’inizio dell’inverno un incontro in USR Lazio (Ufficio Scolastico Regionale) con i membri della consulta studentesca, ragazzi rappresentativi delle scuole medie e superiori e che sono stati eletti da altri studenti e non designati dal preside. Le assicuro che questi ragazzi sono molto bravi, io conosco uno dei leader della consulta romana, che è stato anche un ex studente presso il liceo che dirigevo prima. È stata posta una questione molto precisa ed è venuto fuori che, nonostante quello che si stava leggendo sui giornali, il 60% degli studenti era abbastanza soddisfatto dell’iniziativa ASL, non perché avevano saltato la lezione di matematica, di latino o di inglese, ma semplicemente perché avevano avuto accesso per la prima volta ad un mondo così complesso come quello del lavoro. Le faccio un altro esempio, l’alternanza scuola lavoro è un classico modello di educazione civica, sembrerà strano perché lo studente è abituato a vedere questa materia come una lettura su un libro in merito a cos’è il Parlamento e cos’è l’Unione Europea. Allora perché le do questa definizione? Perché insegna a rapportarsi con più persone diverse che stanno organizzandosi per un fine di tipo lavorativo. Ad esempio, per andare alla biblioteca della Treccani, penso che molti vostri colleghi, quando è il periodo di marzo/aprile e a Roma comincia a fare caldo, mentre potrebbero andare con i bermuda a scuola, non si permetterebbero di farlo andando alla biblioteca della Treccani, che ha documenti di Benedetto Croce o della Montalcini. Anche questo è un insegnamento: quando mi trovo in certi ambiti devo essere vestito decorosamente. Questi sono gli aspetti che, secondo me, vanno messi in evidenza nell’alternanza scuola lavoro e che vanno al di là del contenuto.

A cura del gruppo di lavoro Dire Summer School