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‘La cultura non basta, la scuola e la famiglia sono i punti chiave’, così lo scrittore Alessandro Gallo ai ragazzi della Summer School Dire.

NAPOLI- Quando si nasce, ma soprattutto, si cresce in uno dei quartieri più malvisti e screditati di Napoli, come ad esempio il rione Traiano -nei pressi di Fuorigrotta- riuscire ad emergere allontanandosi da quell’ambiente e da quella che sembra una strada ad uscita univoca, risulta essere un’impresa intrepida.

Tuttavia, in casi di volontà straordinariamente risoluta, l’impresa ardua riesce, dando come frutto la nascita di profili professionali che non solo riescono ad emergere, ma che diventano perfino fonte di ispirazione per altre giovani menti.

 

La sua storia

E’ proprio questo il caso di Alessandro Gallo, scrittore e autore di teatro partenopeo, che, pur provenendo da una situazione iniziale complessa, è riuscito a fare della sua esperienza un’arma da utilizzare. Alessandro, oltre ad essere uno scrittore di successo (il suo primo romanzo ‘Scimmie’ ha superato le 22.000 copie vendute) ha un’ulteriore particolarità: quella di essere figlio di un uomo della camorra  e cugino di una delle figure femminili più importanti in campo della malavita, ovvero Cristina Pinto, conosciuta con il soprannome di ‘Nikita’.

Pur essendo cresciuto in un ambiente non particolarmente affine allo sviluppo di iniziative culturali, lo scrittore ha incontrato sul suo cammino persone speciali, come ad esempio un’insegnante di teatro alle scuole medie, che l’ha introdotto al mondo del teatro, facendogli addirittura recitare ‘La tempesta’ di William Shakespeare, rivisitata in chiave ‘partenopea’, come afferma lo stesso scrittore in un’intervista avvenuta lo scorso 19 luglio, presso l’istituto Quinto Orazio Flacco di Portici, grazie ad un’iniziativa proposta dall’agenzia di stampa ‘Dire’, ovvero la Giornalismo Summer School.

Lo scrittore si è prestato alla curiosità dei corsisti, rispondendo senza difesa alcuna alle domande, a volte anche impossibili, in maniera più che esaustiva.

Uno dei punti più salienti è stato indubbiamente il momento in cui l’autore si è completamente lasciato andare, raccontando anche scendendo in particolari intimi, momenti della sua infanzia complicata, toccando temi più attuali che mai.

Ad esempio, l’idea dell’assuefazione che si sviluppa dopo anni passati a vivere in un determinato clima che spinge l’abitante del quartiere di turno a smettere di prestare attenzione alle azioni malavitose. ‘Tutto diventa normale, a Natale mia zia che aveva costruito un impero nella camorra e mio zio carabiniere si sedevano a tavola insieme, non importava il mestiere che faceva l’uno o l’altro, ciò che importava era la famiglia.’

Il caso di Alessandro Gallo non fa altro che sostenere l’ipotesi che, in circostanze particolarmente fortunate, la scuola, o il teatro in questo caso, fungono da vero e proprio porto sicuro -come afferma lo stesso Alessandro- allontanando il ragazzo in questione dalla strada, trascinandolo in un mondo completamente nuovo che potrà essere la sua salvezza oppure potrà scivolargli addosso, non apportando nessun cambio significativo.

 

La speranza

La cultura, dunque, può essere uno strumento notevolmente importante, tuttavia, per lo scrittore partenopeo ciò non basta: ‘come possiamo chiedere un aiuto solo alla scuola, se poi questi ragazzi rientrano in casa e trovano situazioni precarie da un punto di vista affettivo? Ragazzi che mancano di sentimenti e di emozioni che la scuola e la cultura non possono assolutamente colmare.’

E allora la speranza diventa la parola chiave in questi casi, speranza di un futuro migliore in cui cultura, famiglia e scuola possano diventare il baricentro della vita di un ragazzo, mai più solo contro la propria fortuna.

Annalucia Cuneo