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“Gli arancini di Montalbano” Andrea Camilleri…la mia recensione

“Gli arancini di Montalbano” Andrea Camiller

“Gli arancini di Montalbano” è un romanzo di Andrea Camilleri, nato nel 1925 a Porto Empedolce in Sicilia, famoso scrittore, sceneggiatore, regista drammaturgo e docente di regia all’Accademia nazionale d’arte drammatica, italiano. I suoi più famosi romanzi sono i casi del commissario Montalbano.
Il titolo del romanzo, “Gli arancini di Montalbano”, è metaforico, infatti gli arancini, oltre ad essere una specialità siciliana, indicano “i racconti polizieschi” di cui il libro è diviso in capitoli – ogni capitolo è un caso diverso – ed è anche il titolo dell’ultimo dei venti racconti. Molti di questi racconti sono stati pubblicati sulle pagine di giornali e più recentemente trasformati in film, che vengono spesso trasmessi in televisione.
Il libro è stato pubblicato dalla Mondatori Editore nell’ottobre 1999.
I principali personaggi del romanzo sono il commissario Salvo Montalbano, il suo vice Mimì Augello, i tre investigatori Fazio, Gallo e Galluzzo. I personaggi secondari sono Livia, la fidanzata del commissario residente a Boccadasse, in Liguria, il medico della scientifica, Pasquano, Catarella, un imbranato e simpatico poliziotto, amici del commissario, autori dei crimini o semplici “comparse”.
Il personaggio più interessante è stato senza dubbio Montalbano, commissario del comune di Vigàta, che insieme ad altri comuni circostanti occupano una parte marittima della Sicilia, inventata da Camilleri. Montalbano è un commissario brillante, e brillantemente risolve tutti i casi che gli vengono sottoposti, anche solo conoscendo insignificanti indizi: come nel capitolo “Una mosca presa al volo”, in cui Montalbano è chiamato da un suo amico, ex preside, a provare l’innocenza del fratello, arrestato trent’anni prima per un crimine e che ora aveva scontato la pena. Dai racconti del preside, Montalbano capisce che non era il fratello del suo amico il vero assassino deducendolo dal semplice gesto di prendere una mosca al volo fatto dall’imputato in tribunale, insignificante per altri. Una caratteristica del commissario è l’amore per la buona cucina siciliana, dimostrato soprattutto nell’ultimo capitolo del romanzo, in cui Montalbano si rifiuta di risolvere casi ben più gravi pur di provare l’innocenza di Pasquale Cirrinciò, un giovane delinquente suo amico e figlio della sua domestica Adelina, da cui il commissario non sarebbe potuto andare a cena se tutti e due i figli delinquenti non fossero fuori galera. Altre passioni di Montalbano sono nuotare la mattina davanti la sua villetta e prendere il caffè sulla sua verandina.
Il romanzo è interamente scritto in dialetto siciliano, ed io mi sono impegnato nel leggerlo con l’accento appropriato, imparando diverse parole e i diversi accenti delle persone, ad esempio il commissario ha un accento lieve, mentre Catarella adopera un linguaggio interamente dialettale; molto diffusa è nel romanzo la sua tipica frase: “Pronti, dottori? È lei pirsonalmente di pirsona?”.
I vari racconti hanno uno stile con uno sfondo poetico, quasi strano, come ne “La revisione”, in cui si narra di un giudice pensionato che incuriosisce molto Montalbano, che cerca di conoscerlo. Il giudice è una persona solitaria ed ha un “malattia”: il rimorso di aver condannato persone ingiustamente, e il giorno in cui scopre di aver fatto quest’errore “il villino dell’ex giudice avvampava come una torcia”. Anche nel primo capitolo, “La prova generale” non si ha una vera e propria indagine, poiché si narra di due anziani, marito e moglie, ex attori. I due sono molto legati e fanno appunto la prova generale della loro morte, in cui uno si suiciderebbe se l’altro morisse prima di lui, così da morire insieme.
Molti, invece hanno finali incompleti, come quando Montalbano fa confessare il colpevole (“un ultrasittantino”, come si direbbe in siciliano) in una trattoria, il colpevole fa fatica a muoversi. “I due se ne ‘niscirono dal locale come fossero vecchi amici”.
Un racconto in particolare è “Montalbano si rifiuta”, nel quale il commissario si trova, una sera, ad indagare su un gruppo di ragazzi. Quando scopre che si tratta di un violento caso di cannibalismo, Montalbano fa una telefonata a Camilleri e gli chiede di cambiare il finale.
Un tipico racconto giallo è invece “Il gatto e il cardellino”, in cui un uomo sul motorino fa sempre la stessa manovra davanti a cinque donne, una curva a “U” e poi caccia fuori una pistola, si fa dare la borsa e spara. La prima e la seconda vengono mancate, la terza viene ferita non gravemente, la quarta viene uccisa e la quinta, invece, reagisce difendendosi con una bottiglia di vino. Montalbano scopre che il rapinatore è, in realtà, mandato dal marito della quarta donna, quella che è morta, fatta uccidere dal marito per l’eredità.
I racconti si svolgono, come detto, nel comune di Vigàta e in altri comuni vicini. Nei film questi luoghi sono famosi per i loro paesaggi di mare, soprattutto la villetta di Montalbano, a Marinella, tra Vigàta e il comune di Montelusa. Alcune volte ci si sposta in città più importanti come Palermo, Roma e Milano, a Boccadasse, o addirittura, come nel capitolo “Un caso di omonimia” a New York.
Personalmente nessuno dei venti racconti mi è piaciuto più di un altro, anche se a
“Gli arancini di Montalbano” Andrea Camilleri

“Gli arancini di Montalbano” è un romanzo di Andrea Camilleri, nato nel 1925 a Porto Empedolce in Sicilia, famoso scrittore, sceneggiatore, regista drammaturgo e docente di regia all’Accademia nazionale d’arte drammatica, italiano. I suoi più famosi romanzi sono i casi del commissario Montalbano.
Il titolo del romanzo, “Gli arancini di Montalbano”, è metaforico, infatti gli arancini, oltre ad essere una specialità siciliana, indicano “i racconti polizieschi” di cui il libro è diviso in capitoli – ogni capitolo è un caso diverso – ed è anche il titolo dell’ultimo dei venti racconti. Molti di questi racconti sono stati pubblicati sulle pagine di giornali e più recentemente trasformati in film, che vengono spesso trasmessi in televisione.
Il libro è stato pubblicato dalla Mondatori Editore nell’ottobre 1999.
I principali personaggi del romanzo sono il commissario Salvo Montalbano, il suo vice Mimì Augello, i tre investigatori Fazio, Gallo e Galluzzo. I personaggi secondari sono Livia, la fidanzata del commissario residente a Boccadasse, in Liguria, il medico della scientifica, Pasquano, Catarella, un imbranato e simpatico poliziotto, amici del commissario, autori dei crimini o semplici “comparse”.
Il personaggio più interessante è stato senza dubbio Montalbano, commissario del comune di Vigàta, che insieme ad altri comuni circostanti occupano una parte marittima della Sicilia, inventata da Camilleri. Montalbano è un commissario brillante, e brillantemente risolve tutti i casi che gli vengono sottoposti, anche solo conoscendo insignificanti indizi: come nel capitolo “Una mosca presa al volo”, in cui Montalbano è chiamato da un suo amico, ex preside, a provare l’innocenza del fratello, arrestato trent’anni prima per un crimine e che ora aveva scontato la pena. Dai racconti del preside, Montalbano capisce che non era il fratello del suo amico il vero assassino deducendolo dal semplice gesto di prendere una mosca al volo fatto dall’imputato in tribunale, insignificante per altri. Una caratteristica del commissario è l’amore per la buona cucina siciliana, dimostrato soprattutto nell’ultimo capitolo del romanzo, in cui Montalbano si rifiuta di risolvere casi ben più gravi pur di provare l’innocenza di Pasquale Cirrinciò, un giovane delinquente suo amico e figlio della sua domestica Adelina, da cui il commissario non sarebbe potuto andare a cena se tutti e due i figli delinquenti non fossero fuori galera. Altre passioni di Montalbano sono nuotare la mattina davanti la sua villetta e prendere il caffè sulla sua verandina.
Il romanzo è interamente scritto in dialetto siciliano, ed io mi sono impegnato nel leggerlo con l’accento appropriato, imparando diverse parole e i diversi accenti delle persone, ad esempio il commissario ha un accento lieve, mentre Catarella adopera un linguaggio interamente dialettale; molto diffusa è nel romanzo la sua tipica frase: “Pronti, dottori? È lei pirsonalmente di pirsona?”.
I vari racconti hanno uno stile con uno sfondo poetico, quasi strano, come ne “La revisione”, in cui si narra di un giudice pensionato che incuriosisce molto Montalbano, che cerca di conoscerlo. Il giudice è una persona solitaria ed ha un “malattia”: il rimorso di aver condannato persone ingiustamente, e il giorno in cui scopre di aver fatto quest’errore “il villino dell’ex giudice avvampava come una torcia”. Anche nel primo capitolo, “La prova generale” non si ha una vera e propria indagine, poiché si narra di due anziani, marito e moglie, ex attori. I due sono molto legati e fanno appunto la prova generale della loro morte, in cui uno si suiciderebbe se l’altro morisse prima di lui, così da morire insieme.
Molti, invece hanno finali incompleti, come quando Montalbano fa confessare il colpevole (“un ultrasittantino”, come si direbbe in siciliano) in una trattoria, il colpevole fa fatica a muoversi. “I due se ne ‘niscirono dal locale come fossero vecchi amici”.
Un racconto in particolare è “Montalbano si rifiuta”, nel quale il commissario si trova, una sera, ad indagare su un gruppo di ragazzi. Quando scopre che si tratta di un violento caso di cannibalismo, Montalbano fa una telefonata a Camilleri e gli chiede di cambiare il finale.
Un tipico racconto giallo è invece “Il gatto e il cardellino”, in cui un uomo sul motorino fa sempre la stessa manovra davanti a cinque donne, una curva a “U” e poi caccia fuori una pistola, si fa dare la borsa e spara. La prima e la seconda vengono mancate, la terza viene ferita non gravemente, la quarta viene uccisa e la quinta, invece, reagisce difendendosi con una bottiglia di vino. Montalbano scopre che il rapinatore è, in realtà, mandato dal marito della quarta donna, quella che è morta, fatta uccidere dal marito per l’eredità.
I racconti si svolgono, come detto, nel comune di Vigàta e in altri comuni vicini. Nei film questi luoghi sono famosi per i loro paesaggi di mare, soprattutto la villetta di Montalbano, a Marinella, tra Vigàta e il comune di Montelusa. Alcune volte ci si sposta in città più importanti come Palermo, Roma e Milano, a Boccadasse, o addirittura, come nel capitolo “Un caso di omonimia” a New York.
Personalmente nessuno dei venti racconti mi è piaciuto più di un altro, anche se alcuni sono diversi da altri, li ho trovati tutti molto interessanti, avvincenti e anche “tanticchia” divertenti per via dell’accento siciliano. Da sempre seguo la serie televisiva del commissario Montalbano e tanto quanto mi piacciono i film mi è piaciuto il libro, che trascina il lettore, in tutti i sensi, nel commissariato di Vigàta, la villetta di Marinella e la trattoria San Calogero, dove Montalbano mangia le migliori specialità siciliane. Consiglio il libro agli amanti dei gialli, a chi piace leggere in siciliano, ma soprattutto agli appassionati di Camilleri, “granni scrittori talianu”.
Gianmarco Minei
lcuni sono diversi da altri, li ho trovati tutti molto interessanti, avvincenti e anche “tanticchia” divertenti per via dell’accento siciliano. Da sempre seguo la serie televisiva del commissario Montalbano e tanto quanto mi piacciono i film mi è piaciuto il libro, che trascina il lettore, in tutti i sensi, nel commissariato di Vigàta, la villetta di Marinella e la trattoria San Calogero, dove Montalbano mangia le migliori specialità siciliane. Consiglio il libro agli amanti dei gialli, a chi piace leggere in siciliano, ma soprattutto agli appassionati di Camilleri, “granni scrittori talianu”
Gianmarco Minei 2…quasi 3H