Recensione “IL MIO PAPA’ SCRIVE LA GUERRA”

 

“Il mio papà scrive la guerra” è un bellissimo libro che affronta diversi temi: quello della guerra, dell’amore tra padre e figlio, dell’amicizia. E’ stato scritto nel 2005 da Luigi Garlando, giornalista sportivo e autore di libri per ragazzi, e pubblicato dalla Piemme Edizioni.
Il racconto è un romanzo realistico ambientato ai nostri giorni. I protagonisti principali sono Tommi ed il suo papà Livio Sala.
Il libro narra dei giorni di prigionia di quest’ultimo, giornalista inviato di guerra in Afghanistan, sequestrato, insieme a tre colleghi, da alcuni guerriglieri sulla strada per Kabul.
Il testo è scritto in forma epistolare, una serie di lettere che non possono raggiungere i rispettivi destinatari.
Ci sono due mondi opposti: da una parte Sala, dalla buca dove è tenuto prigioniero, descrive al figlio gli orrori della guerra e l’importanza della divulgazione delle notizie, dall’altra Tommi, a Milano, dalla sua stanzetta, parla al papà della vita di tutti i giorni: la scuola, i compagni, l’esame del nonno per il rinnovo della patente ed il Natale. Il bambino è triste per l’assenza del papà ma è fiducioso che presto sarà liberato. A confortare e sostenere Tommi c’è Maria, la sua fedele amica, appassionata di giornalismo e per questo soprannominata Lilli perché, da grande, vuole diventare brava come la Gruber. Maria ha un forte fiuto per gli scoop ed è la più grande fan del papà di Tommy.
Sala è nato con una vocazione: fare giornalismo. E’ tenace ed appassionato fin da quando, ancora bambino, scriveva per il giornalino dell’oratorio raccogliendo firme per non far costruire un parcheggio al posto del campetto di calcio.
Alla base del racconto c’è la speranza e la fiducia da parte dei protagonisti di poter superare i momenti difficili.
Il giornalista confida nel suo portafortuna: una bustina miracolosa. Egli, la prima volta che ha incontrato la moglie, ha dato alla stessa una bustina di zucchero sulla quale aveva scritto il proprio numero di telefono. Da allora, la moglie, ogni volta che Sala parte per lavoro, gli passa una bustina di zucchero che questi poi le restituisce di nascosto al ritorno. È un rituale che rimane segreto tra i due coniugi fino a quando la mamma lo svela a Tommy in occasione del sequestro del padre.
Il racconto si conclude, dopo nove giorni di prigionia, con la liberazione di Livio Sala, purtroppo due suoi colleghi non faranno più ritorno a casa perché uccisi dai guerriglieri.
Tommi conta di scrivere il più sensazionale degli articoli sul ritorno del papà e, spiegando la storia della bustina di zucchero, è sicuro di dare “buca a tutta la stampa del mondo”.
Lo stile del testo è scorrevole e semplice con l’esposizione di termini tipici del gergo giornalistico come, ad esempio menabò, coccodrillo, pesce e dare buca.
Il libro mi è piaciuto perché mi ha fatto riflettere sull’importanza del mestiere di giornalista, ho compreso che il giornalismo di guerra si fa con “le scarpe” cioè recandosi sui luoghi anche se ciò comporta grandi rischi, sacrifici e talvolta anche sofferenze. Per me “fare giornalismo” significa non scrivere bugie ma osservare personalmente gli eventi e dire tutto ciò che succede per fare comprendere la realtà del mondo in cui viviamo; soltanto facendo ciò si possono fermare le crudeltà che vi sono.
Livio Sala rischia la sua vita pur di divulgare notizie vere sulla guerra dallo stesso definita “una polpetta schifosa, fatta con un sacco di cose brutte”, il suo lavoro è una grande missione. Egli non nasconde la crudeltà dei conflitti a suo figlio, anche se è solo un bambino, perché la guerra purtroppo riguarda anche i bambini, vittime innocenti dell’odio dei grandi. Il carceriere di Sala è un ragazzino, è stato mutilato ad una gamba da una mina anti-uomo e imbraccia un fucile.
Per me questo non è giusto. I bambini hanno il diritto di giocare, studiare e vivere un’infanzia serena, non devono combattere. Purtroppo, spesso, nel mondo, i diritti del fanciullo stabiliti dalla convenzione ONU vengono violati.
Il papà di Tommy, nella lettera del 27 dicembre, racconta un bellissimo sogno fatto durante la sua prigionia: si reca nella redazione del suo giornale e viene informato con preoccupazione dal suo capo che non potrà inviarlo in nessun posto perché le guerre sono finite, “non ne è rimasta nemmeno una sulla faccia della terra”. Sala risponde dicendo di essere felice perché in questo modo potrà andare in giro per il mondo per raccontare solo le cose belle.
Sono rimasta profondamente colpita da questo brano perché penso che sarebbe meraviglioso se, un giorno, potessi ascoltare al telegiornale che tutte le guerre del mondo sono terminate; sono convinta che noi ragazzi dovremmo impegnarci fin da ora affinché, in futuro, questo sogno possa realizzarsi. Sarebbe fantastico costruire un mondo di pace e di fratellanza dove leggere sui giornali solo cose belle.
Il libro inoltre descrive la condizione delle donne in alcuni Paesi del mondo le quali sono completamente sottomesse agli uomini e costrette ad indossare il burka.
Devo dire di ritenermi fortunata perché, al contrario, io posso mostrare il volto, affermare la mia personalità ed ho il diritto ma anche il dovere di studiare al pari dei miei coetanei maschi.
Sono convinta che la cultura renda liberi, liberi di scegliere la propria strada e di costruire il proprio futuro, liberi di sognare ma soprattutto realizzare i propri sogni come fa la piccola Maria che desidera diventare una brava giornalista.

Federica Venanzi 3H