La nuova maturità

Il nuovo esame di Stato conferma la tendenza alla semplificazione e, in qualche modo, la esaspera: le prove scritte passano da tre a due. Ogni iniziativa individuale delle singole scuole viene rimossa, a favore di una valutazione nazionale. Griglie fornite direttamente da MIUR si andranno a sostituire a quelle che fino ad ora venivano elaborate dalle Commissioni. Il parametro per la conversione del credito ( dal massimo di 25 a un nuovo massimo di 40) sarà definito per tutti dal Ministero; niente Invalsi né alternanza scuola lavoro. Scompare il saggio breve e la conoscenza letteraria funzionale all’analisi del testo potrà riferirsi solo ad autori che siano successivi all’unità d’Italia. Basterà il 6 in condotta e, se pure sulla carta resta la necessità della sufficienza piena in ciascuna disciplina, a tale principio si potrà comunque derogare se si produrranno opportune motivazioni. Tutto questo fa pensare ad una volontà di semplificare e banalizzare: manifesta una fiducia molto scarsa nelle capacità dei nostri giovani e del corpo insegnante.

La perplessità più grave si riferisce, per ora all’eliminazione del cosiddetto quizzone. Che si trattasse di una prova obsoleta e da sostituire, non ci sono dubbi. Ma qui non c’è alcuna sostituzione; non si prevede, infatti, né di dare spazio all’esperienza asl né di attivare le prove Invalsi, né ancor meno di introdurre la certificazione linguistica di cui pure si era molto parlato. Come possiamo giustificare un’equità di considerazione per ragazzi che, frequentando l’ultimo anno di scuola nel 2018 piuttosto che nel 2019, si trovano a sostenere un esame del tutto semplificato? Una prova in meno, uguale punteggio. Una storia del genere non si era mai vista. E ancora, come si arriva alla eliminazione del saggio breve? Una decisione del genere avrebbe dovuto essere minimamente condivisa. Proprio a questa performance, vista la sua complessità e la limitazione dell’uso al solo esame di stato, i docenti dedicavano molte ore della programmazione, ore che a questo punto appaiono del tutto sprecate. Senza contare che non si lascia alcuno spazio alla conoscenza letteraria, che ora deve limitarsi ad una riflessione critica e documentata su un passo letterario solo se datato a partire dal XIX secolo.

Resto fortemente perplessa rispetto ad una modifica che avviene nel bel mezzo di un anno scolastico e che non si intende, invece, a partire da un ciclo completo, come invece dovrebbe essere. Infatti, la preparazione all’esame di stato non si realizza nell’ultimo anno del ciclo di studio, ma almeno in un triennio, se non in un quinquennio. Tra l’altro, si intuisce qualcosa sulla volontà di modificare la seconda prova, ma non ci sono ancora indicazioni. Nessuna indicazione circa la composizione delle commissioni. Come docente e come genitore, resto fortemente perplessa.

 

professoressa Olga Cirillo