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“Lavorare con  il massimo impegno è stato il nostro modo di partecipare al lutto”.

Ponte Morandi: intervista all’ingegnere ferroviario Igor Podestà.

 

di Giulia Marcianò

 

A quattro mesi dal crollo del ponte Morandi, Genova è ancora ferita. Il crollo ha causato un grande impatto sui trasporti cittadini. L’intervista all’ingegnere ferroviario Igor Podestà evidenzia le conseguenze del crollo sulla linea ferroviaria per la Valpolcevera.

 

 

In che modo il crollo ha creato problemi a livello ferroviario ? 

Tutti i treni regionali che fermano a Rivarolo, Bolzaneto, per poi ad arrivare a Busalla non potevano più transitare .In quel punto,la linea è composta da quattro binari facenti parte di quattro tracciati diversi: uno che arrivava dal porto, uno dal parco merci e altri due utilizzati per i treni regionali.

Le linee, con la caduta del ponte, hanno subito gravi danni strutturali. I lavori di ripristino hanno impegnato diverse ditte e, coinvolto in prima persona, il personale ferroviario.

Quando sono iniziati i lavori?

I lavori sono iniziati circa un mese dopo l’ avvenimento tragico perché la sede ferroviaria rimaneva in un punto denominato “zona rossa” considerata non sicura. Per fare in modo di lavorare e rendere sicura la zona, è stato costruito un muro alto 10 metri con la funzione di intercettare i possibili detriti causati dal crollo del resto del ponte. In contemporanea all’installazione del muro, sono stati posizionati dei sensori  per monitorare la struttura rimasta, con lo scopo di rilevare eventuali movimenti ed evacuare la zona in tempi rapidi.

Quanto tempo avete impiegato esattamente per riattivare la linea ?  

Per riattivarla circa venti giorni.

Avete speso molto per ricostruire ?

Non posso essere preciso sulle cifre-accenna un sorriso-basti pensare alla ricostruzioni di tutti i binari, tutte le linee elettriche, i muri portanti, i cavi di trasmissione, dati e fibra ottica, gli impianti di segnalazione e sicurezza. Con spese aggiuntive dovute ai lavori, svolti anche di notte.

Come è stato lavorare nella zona rossa dal punto di vista emotivo?

Che sensazioni mi ha suscitato lavorare nel luogo del crollo? –Podestà si ferma un attimo a ragionare-Quasi come andare a lavorare in un cimitero. Il silenzio, i negozi vuoti, case abbandonate dai proprietari… Si sentivano esclusivamente i rumori della ruspa. In più, per entrare nell’area, bisognava essere inseriti in un elenco. Forse simile ad entrare in una centrale nucleare ,anzi no… E’ molto difficile da spiegare …

Quali sensazioni hai provato nel prendere parte ai lavori?

In un certo senso riuscire ad attivare la linea il più presto possibile, era “il mio modo” per cercare di  alleviare le difficoltà e le sofferenze della cittadinanza in lutto. Insomma, lavorare per questo evento tragico con grande impegno è stata la priorità per tutti, non solo per me. Tutti quanti,infatti, hanno dato il massimo, come se avessero partecipato al lutto personalmente .