Ciao, io sono Erika e vi racconterò la mia storia.
La sapete la tragedia della caduta del ponte Morandi a Genova?
Ecco io sono una di quelle persone, diciamo, “sfollate” che sono rimaste senza casa per colpa di quel ponte. Sappiate che non è per niente bello essere chiamati sfollati e non vi auguro affatto di capitare in una situazione come la mia.
Un giorno un’amica di mia mamma (che in realtà veniva solo nel suo negozio per farsi fare i capelli) ha detto: “Mamma mia come vorrei essere anche io sfollata! Vi daranno tanti soldi e vi comprerete una casa extra enorme invece di avere una catapecchia, vi daranno molte cose…”.
Io ho un’idea. Dammi tutta la tua roba e tieni solo un paio di scarpe e una giacca. Vai adesso a vivere in una casa affittata che forse neanche ti piace e vediamo un po’ chi ride. Comunque…
Ora mi trovo in una casa di una mia vecchia compagna di classe che si chiamava come me: non sto male, solo che prima, ogni sera andavo a letto con occhi che sembravano mari e il naso sempre tappato perché da qua si vede benissimo il piccolo regalo del destino spezzato.
Quando ho sentito la notizia ero in Albania e so che può sembrare strano a quell’ora, ma mi ero appena svegliata. Mio cugino stava facendo zapping perché mio nonno non trovava il suo canale preferito e gli aveva chiesto il suo aiuto. Io stavo andando in cucina per depositare i biscotti quando vidi lo schermo tutto nero e, in piccolo, in basso a destra, scritto in bianco “CROLLO PONTE GENOVA”.
Mi dissi tra me e me che ci sono tanti ponti a Genova e che ci sarà pure qualche probabilità che non sia quello che ho PROPRIO SOPRA LA TESTA. Allora distolsi lo sguardo e me ne andai via.
La sera ritornai al piano di sotto e vidi tutti gli adulti radunati davanti alla tv. La cosa mi incuriosì perciò decisi di guardare anche io la notizia. Un ponte familiare mi trnò in mente e in meno di tre secondi ero già lì, con le lacrime agli occhi a pensare ad Asia, la mia gattina. Andai di corsa a prendere il telefono per parlare con la mia amica del cuore: Giorgia. Mi consolò e mi disse che mio zio l’aveva già presa da casa. Allora mi sentii più sollevata e il secondo pensiero che mi scaturì mi venne in mente durante la prima notte in albergo. Pensai che in casa mia c’era rimasta soltanto un’altra cosa importante per me: Titti, il mio primo pupazzino avuto.
Adesso siamo a casa, la mia vecchia camera ormai tutta vuota e la maggior parte di tutta la casa è stata presa. Vorrei tanto che tutto ciò si risolvesse ma quel che è successo è successo.
È stato un momento molto doloroso per tutti, immagino, ma io sono forte e non mi farò abbattere mai più da queste cose.
È tutto, io, Asia, mia mamma e mio papà adesso ce la caviamo, e spero che non succeda mai più.
Erika
Testo e immagine a cura degli alunni e delle alunne della classe 5A dell’IC Rivarolo di Genova