Ismaele Lesogne, una storia di bullismo sconfitto

Recensire un libro intervistandone il protagonista non è cosa rara se il libro è autobiografico, ma stavolta sottolineiamo che il protagonista è un personaggio di fantasia, Ismaele Lesogne, creato dalla penna di Michael Gerard Bauer, scrittore contemporaneo australiano, autore di “Non chiamatemi Ismaele “(Mondadori, Oscar Junior 2014).

Il libro ci è piaciuto tanto da sentire Ismaele come un ragazzo vivo e da desiderare di incontrarlo e di averlo come amico. È un tipo speciale, capace di ironia e soprattutto autoironia. Lo ringraziamo di averci rilasciato questa intervista.

Lasciamo che sia lui a presentarsi: “Sono un ragazzo come tanti. L’autoironia è qualcosa che ho nel DNA, perché mamma e papà sono due persone dal carattere molto scherzoso. Io ho vissuto una vita tranquilla fino a 13 anni, fino a quando cioè sono andato alle scuole superiori. Prima nessuno mi derideva o prendeva in giro, ma poi mi è venuta la … sindrome di Ismaele Lesogne …”

Cioè?

“Tutto è cominciato il primo giorno nella scuola superiore, quando mi sono trovato nella stessa classe con il temuto bullo Barry Bagsley e lui, sentendo il mio nome, ha cominciato a prendermi in giro e a deridermi storpiandolo in diversi ridicoli soprannomi: ad esempio, Ismaele Lefogne”.

Il tuo in effetti è un nome particolare, perché i tuoi genitori hanno scelto proprio quello?

“Al principio attribuivo tutte le colpe al mio nome e quindi ai miei genitori. Durante la mia nascita, mia madre, al suo primo parto, si lamentava di sentirsi enorme come una balena. Allora mio padre, per distrarla, disse che lui avrebbe fatto la parte del capitano Achab (da universitari avevano letto il libro di Herman Melville, Moby Dick, la balena bianca). Insomma, papà fece tanto ridere la mamma che lei mi mise al mondo quasi senza accorgersene. Di conseguenza poi decisero di chiamarmi Ismaele, che è il nome del narratore del Moby Dick di Melville. Il libro inizia, come tutti sanno, proprio con la celebre frase” Chiamatemi Ismaele”. Ma per me pensavo che sarebbe stato meglio: “Non chiamatemi Ismaele”. Infatti purtroppo quel nome non sfuggì a Barry il bullo e per me la vita divenne impossibile. C’era solo una possibilità per sopravvivere: scappare, nascondermi per il resto dell’anno cercando di evitare il bullo e i suoi scagnozzi e tenendomi tutto per me. Naturalmente cominciavo a perdere la mia sicurezza e credevo di soffrire di una vera e propria sindrome, quella appunto di Ismaele Lesogne”.

Qual è stata la tua prima ribellione?

“Si arriva al secondo anno delle superiori, che per me è stato il più incredibile, imbarazzante e imprevedibile, ma in definitiva il migliore della mia vita! All’ inizio del primo trimestre non era cambiato nulla: il bullo continuava con il suo “divertimento” e io continuavo a scappare. La mia prima ” ribellione” avvenne il giorno in cui stavo tornando da scuola e per sbaglio mi trovai sulla stessa strada di Barry: stava tormentando un bambino a cui aveva preso il berretto. Scattò qualcosa in me, sentii che non lo potevo sopportare e agii d’impulso. Non fu affatto una scena eroica di cui vantarsi, ma in qualche modo mi guadagnai la stima di quel bambino e questo mi fece bene”.

Alla fine sei riuscito a sconfiggere il bullo e a riacquistare fiducia in te stesso?

“Ci ho messo un po’, ma alla fine ce l’ho fatta a sconfiggere sia il bullo che le mie insicurezze. Bisogna non mollare mai, non lasciarsi spaventare dall’apparenza e soprattutto non temere di chiedere aiuto. Alla fine questa esperienza mi ha reso più forte”.

Come sei riuscito a sconfiggere il bullo?

“Tutto è successo quando nel secondo trimestre è arrivato un nuovo compagno di scuola, James Scobie. All’inizio sembrava un ragazzo strampalato, con un tic che gli faceva fare delle smorfie ridicole. Lo consideravo già come la nuova prossima vittima di Barry il bullo; ma conoscendolo meglio, ho capito che mi ero sbagliato, perché era invece un ragazzo sicuro di sé, coraggioso e senza la minima paura, in quanto, come ci raccontò, l’aveva esaurita tutta lottando per sconfiggere una grave malattia. Inoltre aveva sviluppato una tale capacità di ragionamento e di linguaggio che era capace di ribattere a qualsiasi cattiveria di Barry, dimostrando indiscutibilmente di fronte a tutti che il bullo era un povero sciocco. Barry cominciò a fare delle figuracce quando attaccava Scobie, che con un paio di ragionamenti lo stendeva KO, senza minimamente scomporsi. Ben presto Scobie diventò il leader indiscusso della classe. Il segreto di tanta forza lo apprendemmo presto. Durante un consiglio scolastico, Scobie propose di creare un Gruppo di Dibattito per partecipare alle gare di dibattito con le altre scuole. Aderirono in tre: Orazio, lo spiritoso, Bill, uno con la testa sempre nelle nuvole, e Ignatius, il matematico. Naturalmente Scobie costrinse anche me ad aderire, ma mi promise che non avrei mai partecipato al dibattito pubblico, avrei semplicemente collaborato alla stesura degli argomenti del dibattito”.

Dunque le gare di dibattito, tanto in voga nel mondo anglosassone, servirono a cambiare le cose?

“Sì, ma soprattutto servirono gli incontri tra noi cinque. Scobie si dimostrò un ottimo allenatore. Sapeva sempre tirare fuori da noi il meglio e questo faceva crescere in noi l’autostima. Durante questo periodo ognuno di noi affrontò le proprie paure superandole e diventammo grandi amici, aiutandoci a vicenda per affrontare le difficoltà. Questo poi mi diede la forza di affrontare il problema Barry, che, approfittando dell’assenza di Scobie, tornato a Sidney per curarsi, aveva preso di mira il mio amico Bill e io non lo accettavo. Questo mi diede la carica giusta per affrontare il problema Barry una volta per tutte e uscirne vincitore”.

Alla fine potevi vendicarti su Barry il bullo, giusto? Perché non lo hai fatto?

“Sì, durante la manifestazione di fine anno i concorrenti del Dibattito erano invitati a fare un discorso davanti a tutta la scuola. All’inizio ero deciso a umiliare pubblicamente Barry, perché avevo scoperto su di lui qualcosa di poco lusinghiero, ma una volta arrivato davanti al microfono, lo vidi in platea disperato, bianco come un morto, che cercava di scomparire, perché era convinto che lo avrei smascherato di fronte a tutti. Allora capii che potevo considerarmi vincitore senza fargli del male, che è poi il messaggio del libro: se dai BULLI NON BISOGNA PER FORZA SCAPPARE, è anche vero che NON BISOGNA ABBASSARSI AL LORO STESSO LIVELLO!”

Durante quell’anno è successo qualcosa di divertente?

“Certamente. Una volta Barry il bullo nascose dentro il cassetto del banco di Scobie una quantità incredibile di ragni e insetti per spaventare il mio amico. Perciò quando questi lo aprì, ne uscirono insetti e ragni di ogni tipo e grandezza scatenando nella classe una sarabanda infernale, ma lui se ne restò immobile e zitto al suo posto nonostante avesse un enorme ragno su una lente degli occhiali. Anzi in tutto quel gran bailamme ci propinò le sue conoscenze scientifiche in merito ad aracnidi e insetti, di cui sapeva praticamente tutto. Anche la sua cultura enciclopedica gli dava certamente una grande sicurezza.
Un altro episodio divertente o meglio dire imbarazzante per me fu quando durante la quarta gara di dibattiti dovetti all’ultimo momento sostituire Billy ammalato, e nei pantaloni sentivo qualcosa che si muoveva e scendeva giù per le gambe come dei serpenti: erano le mollette dei panni che non avevo tolto! E durante la gara quelle mi scivolarono giù. Finita la mia penosa performance, mi ritrovai steso per terra dalla vergogna”.

Ultima domanda: vuoi descriverti in poche parole come eri prima e come sei ora?

“Direi che prima ero un adolescente goffo, timido e insicuro, impegnato nella difficile arte di passare inosservato, mentre ora sono più coraggioso e sicuro, ma senza voler essere strafottente verso nessuno!
La vita di un adolescente è difficile, strana, spaventosa, fantastica … Ognuno di noi di volta in volta la può definire in modo diverso, ma c’ è una cosa da sapere: bisogna viverla con CORAGGIO, DETERMINAZIONE, A TESTA ALTA, AVENDO FIDUCIA E CREDENDO IN SE STESSI, ma allo stesso tempo occorre rimanere nei giusti limiti, senza la presunzione e i deliri di onnipotenza di tanti ragazzi, che pensano di poter essere padroni assoluti di sé stessi e svincolati da ogni regola o dovere verso gli altri. Ricordiamoci di essere noi stessi, di considerare tutti gli altri – fino a prova contraria – come amici e compagni di quell’avventura molto bella ma anche seria che è la vita”.

Francesca Stasi, Alice Noli, classe 3 B