Festa di Sant’Agata: tra sacro e profano

La festa di Sant’Agata si svolge ogni anno, nel mese di febbraio, a Catania ed è la terza al mondo per importanza. Si tratta di una celebrazione religiosa che unisce i cittadini in una devozione notevole.

Agata era una giovane cristiana nata da una nobile famiglia nel 230 d.C., quando Catania era sotto la dominazione romana. Nel 250 d.C. il nuovo proconsole Quinziano si invaghì della giovane e le ordinò di rinnegare la sua fede. Agata si rifiutò e venne condotta in custodia rieducativa dalla cortigiana Afrodisia per corromperne lo spirito.

Agata, molto fedele e fiera della sua devozione, non si fece corrompere e Quinziano la convocò al palazzo pretorio, dove lei riuscì a difendersi. Di fronte alla fermezza della giovane, Quinziano la fece torturare. Agata venne fustigata, le furono asportate le mammelle ed il 4 febbraio del 251 d. C. fu sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. La giovane donna morì in carcere il giorno dopo.

La festa di Sant’Agata, oltre ad avere solide basi storiche, si è trasformata nel tempo quasi in una festa pagana che mette al primo posto il marketing e il turismo.

Molte persone sfruttano i giorni di festa solo per vendere gli oggetti più disparati che rappresentano proprio la santa; questo testimoniato dalle innumerevoli bancarelle presenti lungo la Via Etnea e di fronte il Duomo.

Foto di Michela D’Arrigo

Per la festività sono stati realizzati dolciumi in onore della patrona, chiamati “cassatelle di Sant’Agata” o, per i catanesi, “minnuzziri Sant’Aita” (“i seni di Sant’Agata”).

Foto di Michela D’Arrigo

In occasione dell’innumerevole affluenza di spettatori, i venditori ambulanti ne approfittano per vendere palloncini e giochi per bambini.

Foto di Michela D’Arrigo

 

Nonostante il paganesimo di cui è pervasa tradizione sacra, la festa rimane comunque molto sentita dai catanesi, specialmente dai devoti che, gridano all’unisono una frase divenuta parte integrante del rituale e conosciuta anche fuori dalla Sicilia: “Semu tutti devoti tutti? Cittadini, cittadini”.

Foto di Michela D’Arrigo

Michela D’Arrigo, IV H