La “questione privata” del partigiano Milton

“Una questione privata” di Beppe Fenoglio è un romanzo a sfondo storico, che tratta delle vicende di un giovane partigiano: Milton durante la Resistenza, negli anni 1944-1945.

La vicenda si apre con il protagonista che guarda intensamente una casa: la villa di Fulvia, la sua amata, che, probabilmente, non rivedrà mai più. Pur in condizioni di precarietà, il cuore del giovane non batte solo per la paura che prova quando è in pericolo, ma batte e batterà per sempre per Fulvia. Anche se nel romanzo non vi è neppure un dialogo tra la ragazza e Milton, la storia è intessuta del ricordo e dell’amore passato, che il solo pensiero di Fulvia evoca in Milton. Egli entra per l’ultima volta nella villa dell’amata e incontra una governante che gli rivela l’esistenza di una relazione tra la donna e Giorgio, intimo amico e compagno di pattuglia del ragazzo. Da quel momento in poi il protagonista inizia una corsa alla ricerca della verità, deve scoprire l’entità del rapporto tra Giorgio e la sua amata. Purtoppo, però, questo intento risulta fin dal principio impossibile, in quanto l’amico è stato catturato dai fascisti. Milton, da ottimo partigiano, ha, ora, un unico scopo che lo porta più volte a rischiare la vita. E’ l’amore che muove le sue gambe e la sua mente in lungo e in largo e che gli dà la forza di andare avanti.A mio parere tramite il sentimento d’amore di Milton, Beppe Fenoglio riesce a rappresentare in maniera magistrale il movimento partigiano. La Resistenza in Italia è una delle tante sfaccettature di una guerra che si è combattuta su più fronti: la Seconda Guerra Mondiale.

Questo è un romanzo diverso dagli altri, non si limita alla pura descrizione dei fatti, ma dà vita a un racconto nel racconto, secondo due piani distinti che, però, inevitabilmente vengono a coincidere, a convergere in uno stesso punto: nella figura di Milton. Così il “Secondo Risorgimento” viene descritto tramite un viaggio che ha come causa scatenante, come “casus belli”, il rapporto tra due ragazzini.

Secondo me particolarmente significativo è stato il dialogo tra Milton e una donna anziana, “secca, oleosa, sdentata e puzzolente” che, onestamente, mi ha ricordato una figura ritratta nei “Mangiatori di patate” di Van Gogh. La donna, ormai al termine della vita, rivolge al giovane domande banali, ma che fanno riflettere. Dallo scambio serrato di battute si può notare il deterioramento di un popolo a causa della guerra. Da una parte, infatti, il ragazzo si ritrova a pensare a sua madre solo quando è passato il pericolo, per evitare di farsi travolgere dalle emozioni e, quindi, di rischiare la vita; dall’altra la donna ammette di essere contenta della morte dei propri figli. Prima della guerra stava per impazzire dal dolore, dopo, invece, pensa a quanto vivano bene al riparo dagli uomini. Da questa affermazione si può constatare come in questo contesto storico, l’uomo sia in realtà diventato una bestia e abbia trasformato il mondo nel suo negativo, accentuandone solo i lati più scadenti e infinitamente malvagi.

Inoltre ogni gesto, ogni più piccola azione del protagonista, viene descritta in maniera vivida, suggestiva e significativa. Ciò che a noi sembra normale assume, invece, un’ altra proporzione, mi riferisco a un semplice colpo di tosse che dura pochi secondi e si dissolve nell’aria, qui, invece, diventa vitale. Milton, per non farsi sentire dai fascisti “tossì a scoppi, a schianti, con stelle e lampi rossi e gialli nel cielo nero degli occhi serrati sussultando sul terreno come un serpe trafitto”.

Il romanzo, però, si apre e si chiude con un unico filo conduttore che non viene mai spezzato: l’amore. Il partigiano, quindi, ossessionato dal sentimento che prova per l’amata si spinge oltre e viene sorpreso dai fascisti. E’ costretto a correre senza voltarsi, con gli occhi sgranati, il cuore che “bussa” e che, palpitante, pensa a Fulvia; ecco che, nel momento di massima tensione, quando è in gioco la sua vita, Milton “trasgredisce alle regole” e non può far altro che pensare alla giovane. Così tra i colpi di proiettili, il suono della corsa concitata del protagonista e dei fascisti e il rumore sordo della pioggia, risuona molto più forte e assordante nella mente del ragazzo un “ti amo” rivolto a Fulvia e costretto a rimanere per sempre soffocato nella sua anima. Come in un congedo alla vita, Milton promette che non smetterà mai di pensare alla ragazza e dopo aver emesso un grido come liberazione del suo sentimento, crolla in un bosco, ricoperto di fango e conscio della solitudine e del silenzio. A mio parere la corsa finale del protagonista rappresenta un po’ il culmine e la sintesi della ricerca descritta in tutto il romanzo e che potrebbe alludere alla vita di Milton, frenetica in quanto partigiano, ma allo stesso tempo sovrastata dai sentimenti umani di un ragazzo.

 

 

Francesca Caputi