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Una questione privata: il viaggio di redenzione di Milton, cavaliere solitario alla ricerca di un’impossibile verità

“Una questione privata” è un libro insolito. Un romanzo breve e forse incompiuto, capace di suscitare emozioni straordinarie e intense; un “unicum” tra i romanzi pubblicati in Italia nel secolo scorso, impossibile da catalogare, per la varietà e la ricchezza di temi e motiviche ne affiorano dalla lettura; un romanzo che non è solo un romanzo e neppure il ritratto di un’epoca travagliata da conflitti armati e ideologici oppure il libro che raccoglie memorie e ricordi dell’esperienza vissuti in prima persona dall’autore nella Resistenza. Con la sua sincerità e la sua scontrosa grazia, col suo stie originale e non artificioso, per lo sguardo schietto e semplice dalla precisione e velocità cinematografica con cui è raccontata la picaresca storia del protagonista, “Una questione privata” si può definire senza indugi e senza riserve un gioiello della narrativa italiana del secondo dopoguerra e precisamente di quella scuola eterogenea che era il neorealismo, movimento imperante nel panorama culturale di quegli anni. Il protagonista del libro è Milton, nome di battaglia di un giovane partigiano delle Langhe. Milton si dimostra chiaramente fin dalle prime pagine come l’alter-ego dell’autore, dalla fronte perennemente aggrottata e gl’occhi cristallizzati in un sentimento di durezza e rassegnazione. L’autore, Beppe Fenoglio, è come se, tramite le caratteristiche del personaggio, disegnasse il proprio autoritratto fisico e psicologico. Lo stesso nome di battaglia è significativo da questo punto di vista; con Milton, nome preso in prestito dal poeta inglese del seicento John Milton, autore del poema epico “Paradise Lost”, Fenoglio omaggia e ricorda la giovanile passione per la letteratura inglese e il suo parallelo impegno da traduttore, in cui s’esercita saltuariamente anche il suo personaggio. La macchina narrativa orbita quasi esclusivamente attorno alla figura di questo giovane partigiano: materia del romanzo sono i suoi ricordi, la sua dirompente vitalità, i ferrei principi morali che guidano le sue scelte, i suoi rimpianti. Ma il romanzo racconta innanzitutto la storia d’un’amicizia difficile e compromessa e d’un amore sofferto. In esso sono narrate le vicende di Milton e del compagno Giorgio, innamorati della stessa ragazza, Fulvia. Entrambi al servizio dei badogliani, gruppo dove militano perlopiù studenti e intellettuali d’orientamenti antifascisti, combattono nella guerra partigiana. E proprio mentre Milton apprende certe notizie sul conto di Giorgio e Fulvia, l’amico è catturato e fatto prigioniero dai fascisti. È l’esordio vero e proprio della vicenda. Milton a tutti i costi deve salvare l’amico. Milton a tutti i costi deve sapere; ma per questo gl’occorre un uomo per lo scambio: un fascista da barattare con l’amico partigiano. E così l’epico viaggio di Milton può avere inizio. Un viaggio di redenzione arduo e tortuoso, sempre guidato e contrassegnato dall’imprevedibile e dall’inaspettato, intrapreso nello sfondo contadino e partigiano delle Langhe dove Fenoglio condusse tutta la propria vita fino a che non lo stroncò un tumore a soli 41 anni. Milton, quasi come un moderno “ cavaliere solitario”, votato alla morte e all’autodistruzione, s’imbatte in questo viaggio animato unicamente dal desiderio di risolvere la propria “questione privata”, i dubbi che lo perseguitano, la propria storia irrisolta; mentre nello sfondo si fa sempre più gratuita e assurda la violenza e coloro che la vivono ormai ne sono succubi e nessuno più incolpevole. Ma definire e raccontare il viaggio del protagonista soltanto nell’etica del conflitto partigiano e del periodo storico che fa cornice al libro sarebbe riduttivo. Quella di Milton è una parabola moderna che trova le fondamenta in un’arte elegiaca e intima, raccontando la realtà di una vita vissuta fino all’ultimo respiro. E così appare al lettore, in uno stupefacente equilibrio di contrasti tra protagonista-società e vita-morte, sin dalla prima scena del romanzo. Nell’incipit, nelle prime parole, dolci e d’impatto come i taglienti versi d’un haiku, sembra sia racchiuso il segreto di “Una questione privata”; un incipit che come ogni inizio, sia letterario che calato nell’esercizio quotidiano del vivere, nasce dal caso e suggerisce quei tratti che soltanto il futuro potrà definire per poi cancellarli. Per Milton l’inizio è nella solitaria villa di Fulvia, sulla collina che sovrasta Alba. Nonostante il freddo e il gelo, nonostante la pioggia e il vento, la villa non è per nulla cambiata rispetto alla prima volta che v’entrò. Nonostante sia disabitata e le finestre siano serrate da ormai fin troppo tempo; nonostante non ci sia Fulvia, la sua presenza aleggia nella villa. Per le vertigini che scatenano momenti di nostalgia     come questo, quando ti si dischiude una profonda e cieca sensazione d’angoscia “ il cuore [ di Milton] non batteva, anzi sembrava latitante dentro al suo corpo” (pag. 1, cap. I). Questa è forse la frase-chiave, che allude alla portata del significato del personaggio  Milton-Fenoglio  e  di tutto ciò che muove l’intreccio narrativo, di tutto il libro.