ISOLA DI PLASTICA NEL PACIFICO

Accumulo di rifiuti di plastica vaga nell’Oceano Pacifico

La cosiddetta “Great Pacific Garbage Patch” è nota almeno dalla fine degli anni ’80 e si è scoperto avere un’età di oltre 60 anni.

Questa concentrazione di rifiuti, formati sostanzialmente da materiali plastici, abbandonati da navi in transito, è causata non solo dall’effetto aggregante delle correnti, ma soprattutto dal fatto che la plastica, non essendo biodegradabile, non viene smaltita dall’ambiente, se non dopo diverse centinaia di anni.

La degradazione della plastica avviene soprattutto a causa della luce del sole, che scompone la plastica in sottilissimi filamenti, tipici dei polimeri.

Gli effetti inquinanti hanno sull’ambiente un impatto elevatissimo. Alte concentrazioni di PCB (tossico e probabilmente cancerogeno) entrano nella catena alimentare, perché i filamenti plastici vengono scambiati per plancton da tantissimi organismi marini dei quali l’uomo stesso si ciba. (Uno studio ha dimostrato che non esistono frutti di mare che non contengano tracce di plastica!)

Alle evidenti conseguenze negative sul piano alimentare, devono aggiungersi inoltre quelle devastanti sull’intero ecosistema marino: intrappolamento di parecchie specie marine tra rifiuti plastici o soffocamento di altre nel tentativo di ingestione.

Il fenomeno della plastica rilasciata nei mari purtroppo, però, non riguarda soltanto l’Oceano Pacifico, ma anche il nostro Mar Mediterraneo. Nonostante varie convenzioni internazionali(MARPOL:ConvezioneInternazionale per la prevenzione dell’inquinamento navale), i controlli non sono affatto adeguati.

Si auspica, quindi, una decisa inversione di rotta verso il rispetto delle leggi e della natura.

Giulia Alibrandi

I. C. S. Giotto Cipolla

Classe IIIF