TUTTO O NIENTE

No, non è il titolo di uno sketch comico di Antonio Albanese. Non è neanche un antico proverbio cinese (o forse sì, su questo non ne sono proprio sicuro). Si tratta della regola fondamentale per restare su un’isola che rimane la maggior parte delle volte fuori dalla cartina dell’Europa: l’Islanda. Un Paese particolare, distante dalla mia realtà e piuttosto sconosciuto agli Italiani. Dopo sei mesi devo dire che l’esperienza di un exchange student può essere difficile soprattutto per quanto riguarda l’adattamento climatico. Arrivare il 17 agosto dopo essere andati al mare per tutta l’estate con 30° C e ritrovarsi con giubbotto e cappello è abbastanza traumatico, devo dirvi. Per non parlare del “fantastico” gelido vento di Reykjanesbær, la mia città o delle giornate passate a -15 °C.

Tuttavia, queste cose sono solamente dei piccoli dettagli dell’esperienza.  L’Islanda è una terra che va assolutamente vissuta per poterla capire perché ad ogni stranezza o differenza  corrisponde una serie di sorprese: è un luogo meraviglioso, capace di allargare i propri orizzonti; è una terra che ti stringe, quasi stritolandoti all’inizio, solo per cercare di farti trovare un senso a questa natura così prorompente.

Non potete credere quante volte la mia mamma islandese Sigga e il mio fratellino Jon mi abbiano risposto: “This is Iceland!”. E hanno ragione. Mi trovo semplicemente in una nazione unica al mondo. Ho visto posti che tolgono il fiato, spettacoli della natura incredibili, a cui forse mai avrei potuto assistere. Sensazioni che non si possono spiegare, perché totalmente fuori dal comune, come guardare le cascate islandesi e contemporaneamente i geyser che si sprigionano dal suolo, oppure farsi il bagno nelle sorgenti calde all’aperto con la neve attorno e i capelli che si congelano!

Sono veramente contento. A quattro mesi dalla fine vorrei rallentare il tempo, anche solo un po’, per rimanere ancora a godere di tutto quello che questa terra può offrire. Provare tutto, cercare di non perdermi neanche una singola occasione, anche se può essere strana o difficile da credere.  Mi sembra doveroso dirlo:

“TAKK FYRIR ÍSLAND! Grazie Islanda!“

Luca Amato IV AL

exchange student di Intercultura

  da Augusta in Islanda per un anno