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Educazione e istruzione per contrastare la violenza di genere

La violenza maschile contro le donne non riguarda solo la coppia, ma l’intera società. Le discriminazioni sessiste e gli stereotipi di genere pervadono ogni ambito della vita quotidiana. L’istruzione e l’educazione hanno l’obbligo morale di agire, aprendosi alle differenze in modo introspettivo al fine di costruire una didattica contro gli stereotipi.
L’associazione “Non Una Di Meno” invita ad adoperarsi per riflettere su queste tematiche, proponendo in classe momenti educativi di discussione e informazione sulla diverse forme di intendere la sessualità. Il progetto “Scuola DeGenere – per un’educazione libera da stereotipi” mira allo sviluppo di un attivismo nei luoghi di formazione. È necessario che l’educazione alle differenze diventi una prospettiva sul mondo volta a cambiare la struttura della pedagogia vigente, impiantata su un modello sessista di società civile.

La società patriarcale ha prodotto il dominio dell’uomo sulla donna: l’uomo è ossessionato dal possesso per cultura, non per natura. Le donne divengono vittime predestinate nel momento in cui escono dalle regole assegnate dalla comunità. A tal proposito, il femminicidio è la punta dell’iceberg di un fenomeno chiamato violenza domestica, la conclusione di maltrattamenti durati una vita. Non si tratta di improvvisi raptus di follia, ma di morti annunciate, precedute da veemenze sottovalutate. Le “tempeste emotive” o “furie amorose” dovrebbero essere aggravanti, non attenuanti della pena. L’analfabetismo emozionale non può giustificare un omicidio, poiché ciò riporterebbe in memoria il delitto d’onore, abolito in Italia solo nel 1981. Dal punto di vista culturale, tutto ciò rappresenta un fallimento della società civile e risuona come una giustificazione dinnanzi alla responsabilità penale. Dunque, l’intelligenza emotiva e l’educazione alla sessualità necessitano di far ingresso nelle scuole per ristabilire un rapporto equilibrato di empatia e solidarietà fra uomini e donne.
La violenza di genere è diametralmente opposta al sentimento, tuttavia le vittime si trovano in  bilico fra dannazione e salvezza, succubi di una violenza che si maschera spesso del volto dell’amore. Le donne non denunciano per paura o per vergogna, plagiate da una società che per troppo tempo ha abituato ad assecondare gli uomini, piuttosto che a fermarli. L’istruzione deve agire in merito: fino a quando questa società non incoraggerà le donne a denunciare ogni forma di violenza, queste saranno sempre più esposte al pericolo, circondate da chi crede che tutto ciò sia legittimo o, addirittura, “normale”. Il silenzio delle donne non fa altro che proteggere chi le distrugge, incentivando una cultura maschilista che fa passare la propria collera per amore, privando la donna di volontà autonoma. La vittima entra così in un meccanismo psicologico perverso, annulla la propria autostima e va alla ricerca di colpe da attribuirsi per giustificare il male inflittole.
Le violenze non si consumano solo all’interno delle nostre mura domestiche, sono centinaia i Paesi nel mondo in cui le donne sono discriminate, private della propria essenza e trasformate in oggetti inanimati.
In India, ogni quattro ore, una donna muore per il mancato pagamento della dote. Senza pietà e solidarietà umana, questo evento è considerato meno importante della morte di un bufalo. La morte di una donna conferisce al marito la possibilità di accaparrarsi una seconda dote, mentre la morte di un animale è avvertita come un disastro per l’intera famiglia.
In India le donne non fanno in tempo a fare la rivoluzione attraverso la conoscenza, poiché private troppo presto del diritto allo studio. Le ragazze che vogliono studiare rischiano grosso, considerate pericolose da una società civile che le preferirebbe prostitute o sottoposte all’autorità imprescindibile di un uomo.
Alla luce di ciò, è necessario considerare come la conoscenza sia l’unico strumento per aspirare alla libertà. Lo studio

Lo studio cammina di pari passo al progresso, non solo tecnologico, anche psicologico.

Erica Ardu, III B