UNIVERSITÀ ALL’ESTERO: ASPETTATIVE E PREGIUDIZI

Studiare e lavorare all’estero, ormai sono queste le pretese di molti dei giovani al giorno d’oggi.

Sempre più ragazzi intraprendono questo tipo di percorso sia per quanto riguarda le scuole superiori che per gli studi universitari. Il professore di italiano e latino M.B., laureatosi in lettere antiche presso l’Università di Parigi-Sorbona, ci racconta la sua esperienza e risponde ai pregiudizi della società.

 

Com’è stata la sua esperienza di studio all’estero?

“Mi sono trovato molto bene. Ero consapevole che questa scelta avrebbe comportato sia una certa disponibilità economica che competenze linguistiche piuttosto elevate. Fortunatamente i miei genitori mi hanno supportato molto nel realizzare questa mia ambizione.”

Perché ha fatto questa scelta?

“Ciò che mi ha portato a prendere questa decisione è stato sicuramente il fatto che io sia sempre stato interessato a progetti di questo tipo. Inoltre penso che studiare in Francia sia senz’altro un’esperienza importante per ogni giovane che voglia imparare la lingua francese e confrontarsi con una nuova cultura, ed effettivamente ho avuto modo di confermarlo.”

Ha svolto tutti gli studi a Parigi oppure soltanto per un periodo?

“Si, certo. Quando ho preso la decisione di recarmi all’estero ho scelto di immedesimarmi appieno in quello che era il mio sogno: studiare lettere antiche e conoscere allo stesso tempo persone, luoghi e abitudini diverse. Penso che le esperienze ‘Erasmus’ che permettono borse di studio per soggiorni all’estero di tempo minore siano comunque occasioni molto interessanti.”

Cos’ha potuto fare in più o in meno rispetto ad un’università in Italia, secondo lei?

“Non avendo svolto studi universitari qui in Italia, ammetto di non essere la persona più appropriata a poter rispondere a questo tipo di domanda. Tuttavia, confrontandomi con compagni e amici, mi sembra che tutto sommato il programma svolto e le modalità di insegnamento non siano poi così diverse le une dalle altre.”

La durata degli studi e le facoltà sono le stesse di quelle in Italia?

“Io ho svolto un percorso triennale attenendo la laurea. A quel punto ero indeciso sul da farsi. Avrei voluto continuare e approfondire i miei studi ma l’ambizione del lavoro ha vinto su tutto. Per quanto riguarda le facoltà, premetto che io sono stato fortunato ad avere l’opportunità di laurearmi in una prestigiosa università nella quale i corsi di studio non sono pochi. La Sorbona è frequentata da studenti di lettere, scienze economiche e di gestione, scienze umane e scienze giuridiche e politiche, lingue straniere con corsi di comunicazione e filosofia. Tutto questo in una sola università , sebbene suddivisa in tre ‘sezioni’. Quindi sicuramente non è vero il fatto che all’estero ci sia meno possibilità di scelta, come invece affermano molti.”

Un ambiente movimentato insomma. Pensa che avrebbe dovuto frequentare un’altra università di Parigi?

“Sicuramente mi sono ritrovato in una condizione molto vivace. In parte me lo aspettavo, anche se non così tanto. Tuttavia questo è stato proprio uno degli aspetti che più mi ha fatto amare quegli anni e apprezzare il mio percorso. Trovarsi in una situazione così dinamica è stato come trovarsi in un mondo a parte pieno di studenti di ogni facoltà, con i quali tra l’altro ho avuto modo di confrontarmi e stringere amicizia: un mondo fantastico. Se tornassi indietro rifarei altre mille volte la stessa scelta.”

Lei quindi come risponde ai pregiudizi che la società ha nei confronti degli studi all’estero?

“Credo che ognuno sia libero di pensare come vuole e di difendere le proprie opinioni. Come ho già detto, per quanto mi riguarda questa esperienza mi ha dato molto, da ogni punto di vista. È qualcosa di cui sono sicuramente contento e che sarà difficile dimenticare. Per quanto riguarda gli specifici pregiudizi credo che siano tutti facilmente abbattibili e confutabili in quanto progetti, se così li possiamo chiamare, di questo tipo , non tolgono nulla; anzi aggiungono. Dal mio punto di vista del resto non c’è un’università che possa prevalere su di un’altra, è tutto molto soggettivo. Personalmente reputo più completa un’esperienza di studi all’estero ma, in generale, ciò che è davvero importante è fare quello per cui ci si sente più preparati, inseguendo le proprie ambizioni e cercando di soddisfare al massimo le proprie aspettative.”

Esperienze di questo tipo comportano una serie di conseguenze come vivere lontano da casa, gestire il proprio denaro ma anche vedere posti nuovi, incontrare tanta gente con usi e costumi diversi e soprattutto imparare una nuova lingua. Oggigiorno il mercato del lavoro richiede giovani con competenze internazionali, in grado di parlare e comunicare correttamente in una seconda lingua e di confrontarsi con i cittadini di tutto il mondo. Ecco perché un’esperienza di studio all’estero, come sostiene il professore  M.B., può rappresentare un lasciapassare verso il mondo del lavoro.

 

Di Alcuri e Jouhari, 3E