Brazil: tra Metropolis e 1984

Brazil è un film del 1985 diretto da Terry Gilliam, in precedenza membro del famoso gruppo comico inglese “Monty Python”, già regista di “Jabberwocky”, “I banditi del tempo” e anche della sua ultima fatica dietro la macchina da presa, “L’uomo che uccise Don Chisciotte”.
Il film, che inizialmente si sarebbe dovuto chiamare 1984 ½ (da un gioco di parole tra 1984 e 8 ½ di Federico Fellini), prende infatti spunto dall’opera dello scrittore George Orwell, per raccontare una storia grottesca ma allo stesso tempo drammatica e inquietante.
Il film è ambientato in un futuro distopico, simile a quello di capolavori del calibro di Metropolis di Fritz Lang, in cui la società è basata su una specie di dittatura nascosta agli occhi dei più, in cui non c’è libertà di espressione: chi non ha un rango così alto deve solo sottostare agli ordini dei potenti.
Il protagonista è Sam Lowry (Jonathan Pryce), un impiegato d’ufficio, immerso in una vita talmente tragicomica che si sta sgretolando intorno a lui: la madre spende soldi in chirurgia plastica, è immerso in continui sogni in cui è vestito con un’armatura alata, e gli è stata assegnata la correzione di un errore che ha portato perfino alla morte di un innocente. In seguito, per colpa (o fortuna) di questo compito, rimane immischiato nel piano di un gruppo di terroristi ricercati dai poteri forti, scoprendo varie cose sulla sua vita, sullo Stato e sulle persone che gli stanno intorno che gli erano state sempre nascoste.
Quando vidi per la prima volta “Brazil” rimasi sconvolto dalla bravura con cui il regista era riuscito a maneggiare e fare sua un’opera talmente importante come 1984, cambiando totalmente la storia ma lasciando la morale di fondo. Riuscì a trasmettermi emozioni attraverso un piccolo capolavoro che ancora oggi è sconosciuto al grande pubblico, ma che con le proprie idee politiche tutt’ora moderne, con le scenografie e l’esser riuscito a fondere così tanto drammaticità e “commedia” non ha potuto far altro che stregarmi. A Gilliam bastano gli ultimi venti secondi del finale per svelarci il suo pensiero, con un colpo di scena tipico di capolavori di fantascienza come Sentinella di Fredric Brown, in cui il lettore (o lo spettatore, in questo caso) rimane abbagliato, non potendo far altro che pensare: “Wow, cosa ho appena visto?”

Edoardo Merlini / 1F Liceo Classico Galileo di Firenze