“Fai piano”

Dimenticare: forse la più grande paura dell’uomo.

Non riuscire a mettere insieme i pezzi, vagare nella propria mente senza una meta; scordare i dettagli, aggrapparsi disperatamente ad un ricordo per paura che si dissolva.

Scriviamo su fogli di carta, scattiamo fotografie, conserviamo ciò che di più caro abbiamo per paura di farlo sprofondare nel grande abisso dell’oblio.

Moriamo un po’ ogni giorno, ad ogni battito di ciglia sussultiamo per la paura perché siamo inermi davanti al tempo, la realtà diventa inafferrabile.

E ci spaventiamo, forse qualcuno urla la notte perché non potrà più rivedere il volto di chi ama; forse scenderà qualche lacrima ad una mamma che guarda il suo bambino crescere, forse piangerà pure quel bambino perché vede sua madre invecchiare.

Fa parte della nostra esistenza vedere le stagioni passare, e fa un po’ male all’anima sapere di non poter tornare indietro, sapere di dover invecchiare, sapere di essere incatenati e vittime del tempo. Ma ogni tanto tra le catene chiudiamo gli occhi e entriamo nell’unico luogo libero da ogni vincolo temporale: la memoria.

Dove non esistono limiti e si può essere giovani e vecchi insieme, e il volto della mamma non sarà mai troppo lontano.

Chiudi gli occhi tu, umano, e lasciati trasportare dai ricordi.

Hai paura di invecchiare, io lo so, hai nostalgia dell’essere bambino, i manca la tua casa, rimpiangi di non aver passato più tempo con il tuo papà e ti laceri dentro, perché la nostalgia è questo. Ti punge quando meno te lo aspetti, per ricordarti chi sei e da dove vieni, ti inghiotte durante la notte e non puoi farci nulla: sei un umano incatenato al suo volere. Chiudi gli occhi e sentirai il profumo del giardino di casa, l’erba sotto ai piedi anche se tu non puoi più correre.

Ti fa male, la nostalgia ti ferisce, ma tu non ferire lei.

A volte si maschera e bussa alla tua porta sotto forma di tristezza, di malinconia, di rimpianto, di rancore. Ma ti ricorda i passi che hai fatto e allora fa un po’ meno male, la notte punge meno.

I ricordi fanno parte di te, umano, tu sei quello che hai vissuto, e ricorda che sei venuto al mondo non per dimenticare il passato, ma per rimpiangerlo: la nostalgia fa parte della vita.

Rifugiati nei meandri più nascosti della tua mente e scrivi, scrivi come hanno fatto Dante, Petrarca, Manzoni o Pascoli. Scrivi come ha fatto Leopardi, il poeta dei ricordi, che si siede e ammira quella siepe che “il guardo esclude”, che si ricorda di Silvia e di quel “tempo della sua vita mortale”, che canta alla luna le sue paure e si chiede “ove tende questo vagar mio breve?”.

Leopardi scrive di quello che non ha avuto, dei suoi rancori, delle sue debolezze e delle sue nostalgie, perché prende i ricordi e li fa suoi. Tende una mano alla nostalgia e la fa sua amica, si fa accompagnare durante il viaggio della sua esistenza.

Ti fa crescere, forse, ricordare ciò che non ti è stato concesso.

Io sono umana, e ho paura, perché sono incatenata come chiunque. Prendo per mano la nostalgia come Leopardi quando guardo i capelli bianchi di mia madre, quando ad ogni compleanno spengo le candeline e mi ricordo del carico che porto sulle spalle, degli anni che passano inesorabilmente.

La nostalgia mi abbraccia alle spalle come fosse mia amica, e io mi lascio travolgere, perché è la mia compagna di vita.

Ho tremendamente paura di dimenticare, e forse è per questo che scrivo, perché così prendo un po’ in giro il tempo.

Abbraccio mio padre per ricordarmi ogni giorno del suo profumo, guardo il volto delle persone per non scordare mai il modo in cui sorridono, mi affaccio sul mare per non dimenticare mai il suono delle onde quando sarò via da casa.

Respiro la mia vita a pieni polmoni quando corro, quando rido e quando piango la sera, perché voglio ricordarmi fino a quando non avrò più memoria il colore dei fori di casa, il profumo dei pranzi della nonna, le risate tra i banchi di scuola e le notti passate sul motorino senza una meta.

Ho nostalgia, maledettamente nostalgia quando penso a chi non potrò più abbracciare. Mi trema i cuore, a volte.

La notte mi rivolgo alla luna anch’io e cerco il mio punto di riferimento, la mia ancora. E la trovo qui, nell’aria che respiro, nella terra che ho sotto ai piedi.

Questo mi tiene salda, le mie radici mi tengono in equilibrio, ma non mi impediscono di volare.

Amo il mio passato perché io sono il mio passato, ed è proprio questo, la nostalgia, che mi fa crescere.

Così quando ne ho bisogno chiudo gli occhi e una vecchia amica mi viene a trovare.

“Fai piano”, le dico, ma lei entra senza bussare.

Benedetta La Ferla VAL