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“Non sono razzista ma…”, pregiudizi e stereotipi di una società sempre meno consapevole

La società, in modo spesso inconsapevole, è condizionata da luoghi comuni, modi di dire e di pensare che tendono a creare e accrescere un pensiero che ragiona per stereotipi. Psicologicamente uno stereotipo è correlato alla scarsa informazione e conoscenza. Di conseguenza, si tende a generalizzare un particolare. In altri casi, è correlato ad abitudini e comportamenti che si tenevano in passato e che sono rimasti nell’immaginario comune della società. Vari fattori, inoltre, contribuiscono ad alimentare gli stereotipi. I maggiori luoghi comuni interessano la figura della donna. Nell’immaginario sociale, la donna è colei che si occupa della famiglia e della casa. Per questo, è difficile immaginare, o talvolta accettare, che possa svolgere un lavoro che solitamente viene considerato “maschile”, come intraprendere la carriera da militare o diventare un pilota di aerei o raggiungere e ricoprire cariche elevate che vanno oltre allo stereotipo della semplice segretaria. Altri fattori alimentano i luoghi comuni: nel caso della donna possiamo riscontrare stereotipi nei cartoni animati. Spesso viene raffigurata bella e buona nei panni di una principessa in attesa che la salvi il maschio. Mentre la figura della donna intelligente, furba e potente nei panni della strega cattiva. Nel caso dei personaggi bambini, la femmina è sempre raffigurata aggraziata, diligente e responsabile, mentre i maschi vengono rappresentati avventurosi, spericolati e ingegnosi. Gli stereotipi nascono da schemi mentali che servono per valutare qualsiasi cosa, dandone una spiegazione generalizzata. Tuttavia, uno stereotipo non si basa su una conoscenza di tipo scientifico, piuttosto rispecchia una valutazione che, spesso, si rivela rigida e non corretta dell’altro. Come ripreso negli esempi precedenti, è possibile notare come la società, invece di fermare questi stereotipi, li alimenti, provocando una normalizzazione di fatti oggettivamente lontani dalla verità.
Comuni sono anche gli stereotipi sul razzismo. In modo particolare in Italia c’è una forma di razzismo legata molto spesso all’ignoranza. Spesso gli italiani tendono ad incolpare gli stranieri per qualsiasi problema di tipo burocratico o sociale presente nel nostro paese. Tutti gli stranieri vengono omologati e, in base alle diverse etnie.

“Non sono razzista ma…” è una di quelle frasi tipiche utilizzate in quelle situazioni in cui si vuole contestare uno straniero. La premessa viene utilizzata come una sorta di riparo che, però, crolla nel momento in cui si aggiunge quel “ma”. Sembra quasi che l’individuo abbia bisogno di trovare a tutti i costi il modo di contestare l’altro allo scopo di difendere uno spazio vitale: l’uomo nero che porta malattie, il cinese che ruba il lavoro, il musulmano terrorista, il rumeno ladro, l’albanese violento. Gli esempi da fare sono davvero tanti, ma in conclusione si può dedurre che gli stereotipi nascono da una mancata conoscenza portando a giudicare in modo negativo il diverso. L’unico modo per abbattere gli stereotipi è educare al non pregiudizio, favorire l’apertura mentale aumentando la conoscenza. Non bisogna mai soffermarsi sull’apparenza e, soprattutto, non bisogna chiudersi e giudicare per voci comuni. Informarsi, studiare e viaggiare sono ciò che determinano un distacco netto della nostra mente da quella comune.

Carola Marrazzo, III B