La prière (The prayer) di Cedric Kahn

La religione è l’oppio del popolo 

Nella nostra classe ci sono tanti compagni che sono di religione musulmana. Vedere questo film poteva crearci imbarazzo. Troppe preghiere cristiane. Troppi riferimenti a questa religione. E in effetti l’imbarazzo un po’ c’è stato all’inizio. Ma quando si guarda un buon film ci vuole fede. E noi abbiamo avuto “fede” che il regista volesse parlarci di religione per dirci di più. Thomas è un giovane alle prese con un percorso di disintossicazione che lo porta in una comunità posta sulle montagne francesi. La disciplina è rigidissima. L’isolamento a tratti claustrofobico. Ma anche qui le occasioni di trasgredire non si fanno attendere e Thomas è quasi sul punto di abbandonare. L’incontro con Sybille, una ragazza del luogo, lo fa ritornare nella comunità dopo un tentativo di fuga e il protagonista riprende con maggior convinzione il suo percorso. Un giorno lui e i suoi compagni si recano sulla montagna per un’escursione. Thomas si perde dopo essersi fatto male ad una gamba. Il dolore lo costringe a fermarsi e così, persi i compagni, si ritrova solo a trascorre la notte. Alla mattina al risveglio sente che la sua gamba sta bene, forse un miracolo? Fatto sta che da quel momento Thomas sente crescere in sé la vocazione che lo porterà alla scelta del sacerdozio. Sembrerebbe tutto risolto. E la ragazza? Thomas è pronto a rinunciare all’amore? Sì, è certo della sua scelta. Non si sa perché, ma a questo punto in noi, spettatori, si è insinuato un sottile senso di delusione.

Ma la storia continua. E ci riserva scene di difficile interpretazione.

Una volta presa la decisione di diventare sacerdote, Thomas viene interrogato dai religiosi che seguono i ragazzi nella comunità allo scopo di farlo riflettere. Fra questi una suora. Nel dialogo che intercorre tra la suora e Thomas due cose ci hanno colpito: le parole che la suora pronuncia rivolgendosi a Thomas e lo schiaffo con cui lo colpisce al viso. “Se non sei sincero con te stesso non potrai mai essere felice” e lo schiaffeggia violentemente. Ma sarà la morte per overdose di uno dei ragazzi della comunità, a riportare Thomas sulla via di una redenzione più sincera. Thomas quando vede l’amico livido ormai privo di vita, corre da Sybille e nell’amore ritrova finalmente il senso della sua vita.

La prof ci ha spiegato che per il filosofo Marx la religione è da considerarsi come uno strumento per assopire il popolo, un artificio per potergli far sopportare meglio la situazione materiale di sofferenza in cui vive e per impedire che si ribelli di fronte alle disuguaglianze sociali. Marx sosteneva che non è facile smascherare l’inganno della religione, perché l’uomo non può accettare che la vita non abbia un senso e sente il dovere di conferirgliene uno, inventando la religione. Ma, inventatala, poi non riesce più a distaccarsene, proprio come, una volta che se ne fa uso, non ci si riesce più a distaccare dall’oppio: ecco perché  il filosofo dice: ‘la religione è l’oppio del popolo ‘.

Ancor prima di sapere tutto questo a noi era già venuto in mente che in  “The prayer” la religione avesse moltissimi tratti in comune con la droga. Pierre, uno degli amici di Thomas, lì in comunità ci sta ormai da qualche anno; e non valgono i suoi figli e la sua compagna a fargli decidere di essere pronto a riaffrontare la vita là con loro, fuori dalla comunità, nella vita reale. Lavoro e preghiera sono diventati la sua nuova droga. Il suo nuovo modo di sfuggire alla vita reale. Ma allora aveva ragione Marx? Non del tutto. Il sincero sentimento religioso in “La prière” affiora qua e là. Ed è quando ci mostra che si può ridere della vita e delle sofferenze che ci impone. È quando la sofferenza non spegne la gioia di vivere, perchè la gioia di vivere è più grande. La comicità della scena durante le prove per la recita della passione di Gesù e la barzelletta sulla crocifissione, ci hanno fatto pensare a questo. Un film che, infatti, ci ha fatto pensare, che ci ha fatto discutere, che ci ha aiutato a capire che se anche la vita non è facile, vale la pena viverla veramente.

 

Recensione a cura della classe IIID della scuola media Salvo D’Acquisto (I. C. 3)