Mia sorella Audrey

Non è ora di andare, non è ora, lo diceva Audrey ad alta voce, ma Lily aveva già indossato il giubbotto e non voleva saperne di starla a sentire. E allora bisognava andare, senza opporsi, dove le avrebbe portate il loro impeto giovanile. Lily indossò i suoi occhiali da sole con le lenti gialle e chiuse la porta di casa in modo furtivo.

Andarono via senza lasciare un biglietto, né altre parole, se non quelle già urlate prima ai loro genitori. 

Audrey si mise alla guida e partirono, dirette al mare. Volevano perdersi; almeno, Lily lo voleva; Audrey, forse, avrebbe preferito ritornare, perché lei lo sapeva: non era giusto!

Bisognava andare, perdersi, ma per poi ritornare! Il ritorno è condizione necessaria – diceva Audrey – ma Lily non la pensava allo stesso modo. L’ascoltava con molta attenzione, mentre Audrey guidava e gettava alcune occhiate al suo profilo, di tanto in tanto, ma non proferiva parola alcuna.

Lily rifletteva. Audrey parlava di quanto importante fosse il ritorno, perché non si può perdere per sempre  il sano lume della ragione. E poi, perdersi… per andare dove? E come avrebbero fatto senza un soldo?

Lily desiderava far tacere la sorella; non capiva quanto difficile fosse, per lei, sopportare la pesantezza della vita; con queste parole, che pronunciò per la prima volta dopo circa un’ora di viaggio, non intendeva dire che la vita le fosse ostile, anzi, Lily amava la vita, ne era innamorata, ma il prezzo per viverla era diventato così alto, che non poteva permetterselo: era intollerabile!

Sentiva ancora le urla di suo padre: “Non combinerai mai niente di buono!’’, e ancora sua madre: “Che carattere di mer** che hai, sei tutta tuo padre! ’’.

Lily aveva imparato a lasciar parlare la gente che pretendeva di conoscerla e si permetteva, con arroganza, di giudicarla. Non le importava niente: lei sapeva il fatto suo e accettava le critiche solo da chi fosse nella condizione di poterselo permettere.

Non li amava i suoi genitori, neanche un po’. Aveva sempre avuto bisogno di loro, era loro grata per l’educazione che le avevano impartito pazientemente, ma non li amava. Erano brave persone – se ne rendeva conto – oneste – forse meno con se stessi- li apprezzava, ma non riusciva ad  amarli.

Aveva provato a voler loro bene e per un po’ c’era, quasi, riuscita, ma non li amava.

Lily smise di pensare alle parole pronunciate dai suoi genitori, voltò pagina di botto, prima di scappare – Non potrei mai amarli – lo disse ad alta voce – I nostri genitori intendi?-  

Lily fece un cenno di si con la testa – Come puoi dire questo? – Lily rispose seccamente che non li amava- Ci hanno cresciute, ci hanno supportate economicamente ed emotivamente. Sono la nostra famiglia, Lily! 

– Tu sei la mia famiglia! – sbottò d’un fiato Lily.

Così calò un silenzio di tomba nella macchina.

Audrey era diversa, lei amava i genitori incondizionatamente, e Lily era arrivata, quasi, ad invidiala per questa sua virtù.

“Cos’è la famiglia, Audrey, se non un’istituzione sociale?” – si chiedeva Lily, guardando  impassibile il mondo che sfrecciava fuori da quella realtà.

“Amo chi amo e questi solo chiamo famiglia”, pensò fra se e sé.

– Cosa ti hanno fatto, quale tragedia hai dovuto subire, che ti ha portata ad odiarli fino a questo punto?-

Non li odiava e lo disse, ma Audrey non voleva capire – Mi hanno proibito di amare.

La sorella voleva sapere dell’altro, desiderava andare fino in fondo in quella storia e lo disse apertamente, ad alta voce! Ma Lily faceva sempre così: prima lanciava il sasso e, poi, nascondeva la mano.

-Tace, (osservò Audrey), con lo sguardo rivolto al finestrino e mai sarebbe voluta entrare nella sua testa.

– Voglio tornare a casa- disse Lily, rompendo di nuovo il silenzio creatosi poco prima.

– No, Audrey, la corda è stata spezzata, ormai… –

– L’abbiamo spezzata noi! -.

 -Ma loro l’hanno logorata fino all’ultima fibra- urlò indispettita e spietata Lily, con tutta la rabbia che aveva in corpo e l’odio sepolto in esso, che per anni si era sedimentato fino a fossilizzare del tutto la sua esistenza.

Audrey accostò nello spiazzo di strada più vicino  – Scendi! – le gridò: gli occhi verdi si riempirono di lacrime, che facevano fatica a declinare giù dai ripidi pendii delle guance.

– Io non voglio lasciarti!  

– Lily lo realizzò solo adesso che stava per perderla per sempre. E la perse in effetti!

-Devi andare via! – Audrey voleva metterla alla prova, farla spaventare, forse, solo così, avrebbe capito il valore sacro  della famiglia. Era certa che Lily non l’avrebbe mai fatto, non sarebbe mai scesa da  quell’auto, non ne avrebbe avuto il coraggio.

Ma prima che Audrey potesse dire altro, Lily balzò giù dall’auto e iniziò a correre, senza dare nemmeno un’ultima occhiata alla sorella, senza voltarsi indietro.

Prima che il sole si alzasse e mi carezzasse dolcemente le guance tortuose di rughe, mi svegliai di soprassalto con l’affanno di ciò che avevo appena sognato. 

Mi guardai intorno, sentivo i capelli bianchi ricadermi sulla fronte madida di sudore: 

Joanne dormiva ancora.

Velocemente misi insieme i pezzi: non mi pento di nulla, ma mi chiedo come sarebbe andata se fossi stata un po’ più Audrey e meno Lily?

Amanda Libero V A Liceo Classico – Istituto “G. Carducci” – Comiso (RG)