La Nike di Samotracia – Racconto

Era una notte buia, senza un filo di luce e la Vittoria, la nave di un lontano re, importante signore di tutto il mondo, viaggiava sull’acqua del mare, diretta a Samotracia.
I marinai dormivano e solo il timoniere, un vecchio con la barba malamente tinta di nero, stava a sorvegliare la nave, insieme alla bella Nike.
Nike era una fanciulla alata e scalza che da sempre insieme a Brutus, il timoniere, vegliava sulla nave. Era nata per grazia divina, una semidea, e aveva preso il nome dalla Dea stessa dalla quale veniva.
Quel giorno il mare pareva tranquillo e i due chiacchieravano a bassa voce nell’altrimenti assoluto silenzio, scivolando dall’acqua.
Insieme, appoggiati ad una balaustra, osservavano il cielo scuro con solo le stelle che emettevano un po’ di luce. Brutus le teneva una mano e lei lo guardava con dolcezza.
Erano stati innamorati fin da quando lui era solo un ragazzo e ora che Brutus stava per giungere alla fine della sua vita, Nike ci teneva ancora di più.
Non avrebbe mai voluto perderlo, eppure sapeva che era così la fragile vita degli esseri umani.
Sarebbero arrivati a Samotracia in poche ore, dove avrebbero scaricato il prezioso carico che portavano nel magazzino.
Brutus era felice, infatti, con quell’ultimo carico, avrebbe potuto finalmente comprarsi una nave tutta sua, per lui e Nike e non vedeva l’ora di completare i suoi piani.
Il rombo di un tuono risuonò nel cielo, ma i due non ci prestarono attenzione, troppo attratti dall’ammirare l’orizzonte e tenersi la mano.
Il tuono però annunciava la pioggia che di lì a poco iniziò a cadere, prima poca, poi sempre di più, tanto che Nike usò le sue ali per coprire lei e l’uomo da lei amato.
Fu lì che accadde, in una manciata di secondi, un fulmine colpì la nave e un buco si creò nello scafo.
Le voci di sotto iniziarono ad urlare, mentre l’acqua entrava sempre di più.
Nike provò a convincere Brutus a lasciare la nave, non c’era tempo per salvare gli altri, ma lui rifiutò.
Non si sarebbe mai perdonato di aver fatto morire i compagni e anche Nike lo sapeva bene.
Brutus ordinò alla donna di portare in salvo gli altri marinai, ma erano in mezzo al mare, la terra troppo lontana per poterne salvare più di uno.
I due si guardarono consapevoli della triste realtà e quando le voci sotto di loro smisero di gridare, Brutus baciò con passione la donna amata da tutta la vita e rimasero così, abbracciati, fino a che la nave non fu sommersa dall’acqua.
Solo allora, quando vide il suo uomo morire sotto i suoi occhi, Nike caddè in un pianto a dirotto, prima di prendere una drastica decisione.
Il suo corpo si trasformò in pietra e si ancorò alla prua della nave, così, con gli occhi aperti a guardare l’amore della sua vita cadere sempre più giù in fondo al mare, esattamente come lei sarebbe affondata insieme alla nave Vittoria.
Molti anni più tardi sarebbe stata ritrovata da dei subacquei. Il suo corpo di pietra fu portato alla luce ed esposto in un museo, ma il suo bel viso non fu mai ritrovato, lasciato là sotto, in mezzo al mare, a fissare per sempre il punto in cui, tanti anni prima, il suo amato Brutus era morto.
Sara La Torre / Liceo Classico Galileo di Firenze