L’app uomo

Nella società di oggi ormai esiste un’app per tutto, la maggior parte delle azioni umani può essere agevolata da una semplice app. Basta pensare alle app che ci forniscono i percorsi per muoverci in una città, o quelle che ci indicano quando passa il primo autobus alla nostra fermata (app molto utile a parere mio che sono un’abbonata ritardataria) o ancora le milioni di app che esistono per editare le foto. Ovviamente accanto ad app che possono avere una loro utilità ci sono anche app che vengono utilizzate per scopi inesistenti e poi ci sono le app di giochi, che fanno perdere molto tempo a chi ne fa un uso esagerato. Personalmente non ho mai pensato ad una nuova app che vorrei vedere sui nostri smartphone ma ragionandoci forse una ce n’è: un’app che traduce a parole quello che proviamo ma che non riusciamo a esprimere. Pensateci: se esistesse un’app capace di percepire le sensazioni umane e di tradurle in parole, servirebbero ancora gli esseri umani? Ovviamente spero vivamente che non venga mai realizzata un’app del genere perché in questo modo andremmo a sostituire gli esseri umani, quindi noi stessi. In questo caso quindi non sarebbe un passo avanti per l’uomo verso lo sviluppo della tecnologia ma anzi, sarebbe come farci autodistruggere dalla tecnologia, quindi un grande balzo… indietro. L’app che ho ipotizzato è qualcosa di macabro ed è un paradosso che esprime un po’ la paura che certe volte ho nei confronti delle nuove tecnologie, che da una parte sono utili per il progresso dell’uomo ma dall’altra un controllo eccessivo spesso può rivelarsi pericoloso.
Emma Boschi / Liceo Classico Galileo di Firenze