Bandersnatch: scegli la tua storia!

Talvolta nei film le scelte fatte dai protagonisti ci paiono assurde, quasi senza senso, ma se potessimo scegliere noi al posto loro? Ibrido fra film e videogioco, Bandersnatch, diretto da David Slade e scritto da Charlie Brooker, ti permette di prendere il controllo sulla trama, influenzandone il finale. Disponibile sulla piattaforma Netflix, fa parte della celebre serie Black Mirror, che conta quattro stagioni, con diciannove episodi in tutto. La puntata viene presentata a parte, esclusa dalle normali stagioni e con una durata complessiva variabile; questa dipende infatti dalle scelte che farai all’interno della storia, che può prolungarsi per ore o concludersi in dieci minuti. Risulta perciò difficile dare una descrizione della trama, in quanto ogni volta assume aspetti differenti. Stefan Butler, interpretato da Fionn Whitehead, è il protagonista, del quale noi determiniamo le azioni; egli è un programmatore diciannovenne, che sta lavorando su un videogioco interattivo basato sul libro “a più finali”, “Bandersnatch”, del visionario Jerome F. Davies, per la società Tuckersoft. Il lavoro continuo, lo stress causato dalla difficoltà della programmazione e l’enigmatico Colin (interpretato da Will Poulter), che sembra sapere fin troppo, porteranno il giovane Stefan a dubitare della propria realtà e del suo stesso libero arbitrio.
Data la struttura originale, sarebbe più opportuno definire Bandersnatch come un’esperienza interattiva, che pone lo spettatore in un ruolo decisivo; la possibilità di influenzare la storia viene data fin da subito, con scelte inizialmente di poca importanza (come quali cereali mangiare a colazione) che piano piano si fanno sempre più decisive per lo sviluppo della narrazione. D’altra parte, anche le decisioni all’apparenza irrilevanti, continuano a incidere nel corso della vicenda; se infatti avremmo optato per i Thompson Twins, da ascoltare sul bus, saranno questi ad accompagnarci per il resto della storia. Talvolta qualche scelta ci porta ad un vicolo cieco, accelerando la conclusione e costringendoci a tornare indietro; anche i nostri errori però determinano alcuni dettagli, come déjà-vù o allusioni al nostro stesso sbaglio. Quando finalmente si giunge alla fine, anzi, ad una fine, ci viene data la possibilità di tornare ad una delle scelte decisive, per cambiare il finale, o di andare ai titoli di coda. Il libero arbitrio dello spettatore non si limita però soltanto a condizionare l’avanzamento della storia, ma è un elemento fondante della trama stessa, che offre spunti di riflessione sull’effettivo controllo del nostro destino. L’intera esperienza, la cui atmosfera è simile a quella di un romanzo di Philip K. Dick, è ambientata negli anni Ottanta, ai quali viene reso omaggio tramite numerosi easter eggs. Lo stesso titolo riprende un videogioco in sviluppo in quegli anni dall’Imagine, compagnia che andò in bancarotta il medesimo giorno in cui la vicenda ha inizio, il 9 luglio 1984. D’altronde sono questi gli anni in cui il meccanismo dei “finali multipli” ha la sua massima diffusione; infatti, sebbene Bandersnatch sia acclamato per l’aspetto innovativo dell’interattività, quest’ultimo non risulta essere poi così originale. La stessa piattaforma Netflix aveva già provato qualcosa di simile su alcune serie per bambini, senza però raggiungere alti livelli. Bisogna inoltre ammettere che l’ambientazione e alcune tematiche affrontate all’interno della storia, come i viaggi nel tempo e le realtà parallele, sono materie assai ricorrenti all’interno della produzione Netflix, che iniziano ormai a diventare monotone. Resta comunque originale e appassionante il modo in cui lo spettatore viene coinvolto all’interno della vicenda, entrando a far parte della trama in un modo tale, che pare quasi di dialogare con lo stesso protagonista, il quale, acquistando lentamente consapevolezza della propria condizione, finirà per comprendere l’intero meccanismo; le reazioni a tale scoperta non saranno però una sua scelta. L’intera esperienza assume così i caratteri di una lotta per il controllo su una realtà dall’aspetto visionario e talvolta onirico.
Se da una parte è evidente che, ottenendo un discreto successo, seguiranno ulteriori “esperienze interattive” , dall’altra non c’è da temere per i film tradizionali. Infatti, per quanto possa essere coinvolgente, Bandersnatch è pensato per una visione solitaria, o al massimo di piccoli gruppi; nulla a che vedere con la proiezione di un ottimo film al cinema in compagnia.
Alessia Priori / Liceo Classico Galileo di Firenze