La chiusura del rapporto è avvenuta di recente nella capitale tedesca, la Commissione per il carbone raccomanda con tale rapporto l’uscita definitiva della Germania da carbone e lignite entro il 2035 o 2038. Il governo Merkel per ora sembra seguire l’azione proposta e – come in passato ha approvato l’uscita dal nucleare – anche oggi persiste in questa svolta energetica. Le problematiche non sono comunque indifferenti, un terzo dell’energia proviene da appunto la risorsa carbonifera e – come nel caso del nucleare – la svolta potrebbe rivelarsi più ardua del previsto.
Inoltre l’apporto economico di tale manovra sarà notevole, aree come la Lusazia o la Renania per affrontare la riconversione riceveranno 40 miliardi di euro nei prossimi vent’anni.
La risposta è dunque stata scettica da parte delle associazioni ambientaliste, le quali vedono nel termine troppo distante un bidone sicuro. Inoltre a detta degli ambientalisti l’impegno tedesco non tiene conto delle raccomandazioni dell’ Ipcc (il panel intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici) che prefissa il termine di consumo di carbone per le città più industrializzate entro il 2030 per evitare l’aumento di un grado sulla temperatura globale.
“La Germania ha finalmente deciso di accelerare e unirsi alla maggior parte degli Stati europei, fissando una data di uscita dal carbone, assicurando supporto ai lavoratori, e merita un plauso per questo. Ma l’aver fissato questo passo al 2038 non permetterà alla stessa Germania o ad altri Stati di mettersi al riparo dai pericolosi impatti dei cambiamenti climatici, né di rispettare gli obiettivi dell’accordo di Parigi” è questa la dichiarazione di Jennifer Morgan, Direttrice Esecutiva di Greenpeace International e tali parole suonano forti rispetto al ‘risultato storico’ annunciato dal capo della Commissione ed ex ministro cristianodemocratico Ronald Pofalla soprattutto in giorni come questi in cui sono apparsi i primi gillet gialli a Stoccarda.
Sofia Dezzi Bardeschi / Liceo Classico Galileo di Firenze
30 Maggio 2019