Il corredo genetico? Ce lo scriveremo da soli…

Sono impressionanti i passi avanti che la scienza ha fatto negli ultimi anni nel campo della biologia: in pochi decenni le cure per le malattie sono aumentate esponenzialmente, con un conseguente incremento delle aspettative di vita. Se le ricerche sono però così avanzate, perché limitarsi a cercare i rimedi, quando possiamo renderci più “resistenti” ancora prima di nascere? È il caso di due bambine cinesi, Lulu e Nana (nomi di fantasia), nate in salute qualche mese fa a Shenzhen. Il loro DNA è infatti stato modificato a livello embrionale, durante l’International Summit On Human Genome Editing ad Hong Kong, al fine di renderle più resistenti ad una serie di malattie, tra cui l’HIV, da cui è affetto il padre. La notizia, per ora, è stata annunciata dal genetista He Jiankui, con un video pubblicato su YouTube, senza la conferma da fonti scientifiche indipendenti né la pubblicazione su riviste del settore. Nel filmato, He spiega che la modifica, riuscita solo su una delle due bambine, è stata effettuata con la tecnica di editing genetico conosciuta come Crispr. Questa agisce sul DNA tramite una proteina (Cas9) che trasporta un pezzo di Rna, usato come “stampo”; agisce infatti sul gene in modo da modificare in tal caso il gene CCR5, sostituendo la sequenza genetica “sbagliata” con quella “giusta”. Alla madre è stato poi impiantato l’embrione nell’utero, come una normale fecondazione in vitro. Gli esami fatti finora sul genoma delle due bambine non hanno mostrato alterazioni significative a parte quella voluta e pare che sia in corso già una seconda gravidanza. Ad appoggiare He Jiankui c’è la Southern University of Science and Technology di Shenzhen, che ha applicato la stessa tecnica a sette coppie disponibili. La terapia, come ha specificato He, sarebbe destinata a un ridotto numero di famiglie per evitare il contagio di malattie infettive o geneticamente trasmissibili. La precauzione, non necessaria, è già stata obbiettata da tanti, ma Jiankui si è rifiutato di commentare. Lo stesso Xu Nanping, vice ministro cinese, ha rivelato di essere scioccato dalle affermazioni del professore, ribadendo che esperimenti di questo tipo sono vietati in Cina dal 2003, sebbene sia ben noto che dal 2013 la nazione asiatica abbia lanciato un vasto programma di ingegneria genetica ai fini di aumentare il quoziente intellettivo della popolazione. Nell’istituto genomico di Pechino gli scienziati, infatti, avevano raccolto campioni di DNA di duemila tra le persone più intelligenti del pianeta con l’intento di studiarli per individuare gli alleli responsabili dell’intelligenza. Il Paese ha dimostrato di avere, dunque, implicazioni morali molto meno problematizzate che in Occidente, dove, alla notizia delle “bambine OGM”, le reazioni non sono state positive. “L’obbiettivo dei ricercatori” suggerisce George Church, dell’Università di Harvard “era sperimentare la tecnica dell’editing genetico, piuttosto che evitare la malattia”; inoltre, come spiega il genetista Kiran Musunuru dell’Università della Pennsylvania “non c’è stato quasi nulla da guadagnare in termini di protezione contro l’Hiv. La bambina è stata esposta a tanti altri rischi, attualmente sconosciuti, per la sicurezza”.
La difficile operazione genetica sembrerebbe dunque un esperimento condotti per a puri fini scientifici, nascosto dietro uno scopo morale, che ha però messo a rischio due bambine ancora prima di nascere. Sono dunque evidenti le complicazioni nell’ambito etico che l’alterazione genetica avvenuta in Cina ha suscitato: la capacità di modificare il Dna darebbe all’uomo il potere di crearsi il proprio corredo genetico a suo piacimento, stabilendo determinate caratteristiche per i nascituri, che influenzerebbero la vita degli stessi, senza che sia data loro la possibilità di decidere. Inoltre la procedura sarebbe un beneficio riservato a pochi, per via dei costi elevati che richiedono le operazioni; si andrebbe a creare così un profondo divario sociale fra i “potenziati”, appartenenti ad un’élite ristretta di famiglie abbienti e i “normali”, appartenenti a ceti inferiori. L’approvazione dunque dell’editing del Dna sarebbe il primo passo per scatenare un cambiamento radicale all’interno della nostra società. Tutte queste problematiche, appartenenti ad una specifica branchia della filosofia, la bioetica, sono già state affrontate e tutt’ora continuano ad esserlo da film, libri e serie tv. Però, con l’avanzare continuo del progresso scientifico, pare che i mondi distopici, che tanto ci attirano e allo stesso tempo ci spaventano, stiano per staccarsi dallo schermo e diventare parte della nostra realtà.
Alessia Priori / Liceo Classico Galileo di Firenze