Lama: dallo sputo… al vaccino

Autunno, una stagione magica; foglie colorate, cioccolata calda, coperte e… influenza: vera gioia per bambini e ragazzi che così potranno saltare scuola legalmente, preoccupazione immensa per le nonne che guardano sempre al peggio e grande tormento per le madri e i padri che dovranno sopportare e aiutare i figli malati, senza contare i soldi che voleranno per pagare i farmaci.
A Parma è stato identificato il primo caso di influenza del 2018, più nello specifico del virus di tipo A/H3N2: una ragazza ricoverata, senza presentare alcuna patologia particolare, ha mostrato sintomi tipici dell’influenza, quali febbre, tosse, mal di gola, astenia e dolori muscolari.
È noto che i virus influenzali possono cambiare di continuo un biomarcatore, il quale si trova sulla loro superficie e costituisce il bersaglio degli anticorpi: questo fa sì che un vaccino funzionante per i virus di un determinato anno possa essere totalmente inefficace l’anno successivo. Da qui l’idea dei ricercatori di creare un unico anticorpo a cui fanno capo strutture di anticorpi differenti.
Per quanto l’influenza sia una malattia assai comune, rappresenta comunque un grave problema di salute; per questo è importante la vaccinazione per i soggetti più a rischio. Alcuni studiosi stanno conducendo ricerche sugli anticorpi presenti in alcune specie animali come cammelli, dromedari e lama, che per loro rappresentano un’arma per combattere anche i virus futuri.
Il vaccino universale, cosiddetto “Jolly”, è basato proprio sull’anticorpo scoperto nei camelidi: si tratta di uno spray nasale che si è mostrato efficiente a contrastare i virus influenzali di tipo A e B, i principali responsabili della malattia negli uomini. Questo vaccino, scoperto dall’istituto californiano Scripps, dovrebbe essere in grado di attaccare 60 diversi varianti dell’influenza.
La struttura degli anticorpi di questi animali è diversa da quella di quelli umani: ciò potrebbe sembrare un problema, dal momento che l’organismo umano ha determinate risposte a corpi esterni. In realtà una situazione del genere si è già verificata in passato e, per questo, sappiamo già come superarla. I primi test, svolti sui topi, sono andati a buon fine: il vaccino li ha infatti resi immuni sia quando iniettato direttamente sia quando è stato somministrato come spray nasale anche a dosi basse. Gli studiosi hanno però dimostrato come gli anticorpi rimangano attivi per tempi diversi nei diversi organismi: ad esempio, nei topi lo sono per 9 mesi, mentre nei macachi asiatici solo per 4.
Laura Cappelli & Ginevra Comanducci / Liceo Classico Galileo