Egypt Station: garantisce sir Paul McCartney

Ormai è ufficiale. Il baronetto più famoso di sempre, il Re Mida della musica, Paul McCartney, è tornato alla ribalta con l’ennesimo album dopo “New” (2013), questa volta dal titolo “Egypt station”, uscito il 7 settembre scorso.
All’età di 76 anni, con una forza, vitalità e simpatia impareggiabili, l’ex Beatle, attivo dal 1957, ha realizzato 50 album e adesso è pronto per un nuovo viaggio, un nuovo tour mondiale che ha inaugurato proprio il 7 settembre 2018, con un concerto “segreto” e per pochi fortunati, non a caso, alla Grand Central Station di NYC.
L’annuncio del nuovo disco è arrivato insieme alla pubblicazione dei primi due estratti: la malinconica e commovente “I Don’t Know” e la briosa “Come on to Me”.
“Egypt Station” è stato registrato tra Los Angeles, Londra, il Sussex ed è stato prodotto (con l’eccezione di un brano di Ryan Tedder) da Greg Kurstin (Adele, Beck, Foo Fighters).
L’album prende il nome da uno dei dipinti di McCartney (che nel frattempo si è dato – chi l’avrebbe mai pensato? – appunto anche alla pittura).
Dell’enigmatico titolo dell’album in uscita, Paul dice: “Mi piacevano le parole Egypt Station. Mi ricordavano il tipo di album che solitamente facevamo. […] ‘Egypt Station’ parte dalla stazione della prima canzone e successivamente ogni canzone è una stazione diversa. Ogni brano è costruito intorno a questo concetto. Lo considero come una location da sogno dalla quale si diffonde la musica”.
Si legge nel comunicato stampa che le 14 canzoni di “Egypt Station” si combinano per trasmettere un’atmosfera di viaggio unica. Tra le tracce strumentali di apertura e di chiusura, “Station I” e “Station II”, ogni canzone fissa un luogo da dove Paul trasporta l’ascoltatore verso la destinazione successiva.
Le soste includono una meditazione acustica sulla gratificazione del presente unita a un addio alle passate dipendenze ed errori (“Happy With You”), nonché un inno senza tempo che si adatterebbe praticamente a qualsiasi album di qualsiasi epoca di McCartney (“People Want Peace”).
Il risultato è un viaggio fascinoso attraverso una miriade di luoghi e di epoche musicali, ma fermamente radicato nel presente, con la singolare, inconfondibile sensibilità melodica e lirica di Paul che serve da guida.
La cosa che stupisce infatti chi ascolta e riascolta l’album è la facilità e l’estrema scioltezza con cui l’autore fonde sound antico e moderno (basti pensare alla track “Fuh you”): come se il baronetto volesse sempre rimanere al passo con i tempi senza mai perdere parte del suo passato, lasciando una traccia indelebile del sound di un tempo nella nostra anima e nelle nostre orecchie, quasi a voler ricordare a noi sfegatati fans l’importanza di ricordare il passato anche quando siamo assorbiti e assordati dal ritmo incalzante del presente: a non dimenticare mai nostalgicamente “come eravamo”.
Ma non solo: ci sorprende sempre di più l’infinita creatività, quel suo apparire inarrestabile nel declinare in canzoni e dischi il talento che ne ha fatto uno dei principali compositori pop del Novecento, per non dire il principale in assoluto. Con il suo caleidoscopio di canzoni che ci sorprendono a ogni nota, McCartney intende sottolineare quanti mondi la musica possa evocare.
E pare esserci proprio riuscito. Consigli d’ascolto sono senz’altro la parentesi cantautorale e iconicamente acustica di “Confidante”, la hit “Hand in hand” dolcemente vintage ma anche la sensuale “Back in Brazil”, per non parlare di “Despite repeated warnings” (fiaba moderna sul destino dell’umanità incapace di reagire alla miopia dei governanti).
Che dire? Paul McCartney a quasi 80 anni è ancora capace di farci emozionare come non mai e di giocare profondamente con la musica. Come ai tempi d’oro. Grande Paul, forza così!
Chiara Donati / Liceo Classico Galileo di Firenze