Le avventure della mia cara casa – Racconto

Era un freddo pomeriggio d’inverno, ero sola con il mio fratellino e avevo appena chiamato i miei genitori che erano fuori con mia sorella: mi dissero che sarebbero tornati per cena, ed erano le 17 in punto. Sapevo che mancavano ancora quattro ore al loro ritorno, ero stanchissima e dovevo ancora fare quasi tutte e sei le materie per il giorno dopo, mio fratello era in camera mia che giocava con le macchinine quando sentimmo Rudolf, il mio cane, iniziò ad abbaiare in modo insolito. Io ero spaventatissima, mio fratello piangeva e io gli gridavo: ”Zitto, zitto: fa’ piano!”
Erano appena le 17:05, avevo chiuso tutte le porte a chiave. A un certo punto va via la luce, i termosifoni si spengono d’improvviso, la linea telefonica se ne va insieme alla corrente e al gas. Noi eravamo chiusi in camera, io stavo morendo di paura e cominciavo a non farcela più, ma d’improvviso tutte le televisioni di casa si accendono e appare una signora che annuncia: “Domani tutti i computer e i telefoni finiranno di funzionare”
E di punto in bianco tutti i telefoni squillano e mi chiamano i miei genitori: stavano arrivando stranamente in orario e… quando arrivarono io ero sdraiata sul letto e piangevo: un uomo vestito di nero e con passamontagna era entrato in camera mia sfondando la porta e aveva sparato dei colpi, aveva ferito mio fratello e non sapevo cosa fare, il 118 non rispondeva perché la linea era bloccata. L’uomo scappa mentre io sento delle voci dalla casa che provenivano dalle pareti e sembravano urlarmi: “Domani la casa esplode, esplodeee, esplodeee….”
Ma per fortuna i miei mi avevano trovata. Non sapevo come fare: stavo svenendo e l’uomo nero si ripresentò poco dopo che mio padre se n’era andato via. Io con Alice, mamma e Brando eravamo spaventati e per farci passare la paura ho cominciato a parlare dello scorso 22 dicembre in cui ero andata a vedere coppa del mondo di sci: quel giorno aveva vinto, come quasi a tutte le gare, Marcel Hirsher. Mentre raccontavo l’uomo sparì di nuovo e poco dopo riapparve dicendomi “Figliola, figliola cara…” ed è in quel momento che ho capito che era mio padre. Quindi chiamai la polizia e subito fu arrestato e processato: finì in carcere con una condanna a quattro anni e io, disperata, andai ogni giorno in carcere, e in ospedale a trovare mio fratello colpito da mio padre. L’unica gioia era che non dovevo andare a scuola e urlavo di continuo “Maiunagioia”.
Alla fine dei quattro anni tutto passò e la vita tornò alla normalità.
Luisa Fusco / Scuola Secondaria di primo grado Puccini di Firenze