Il fenomeno del “bullismo”

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bullo (settentr. bulo) s. m. e agg. [etimo incerto], region. – 1. Giovane arrogante, violento, teppista, bravaccio: un giovinastro di mala vita, uno di quelli che si chiamavano «buli» (Bacchelli); Lui disse da vero bullo: «Ma a te che te ne frega?» (Moravia) ≈ bravaccio, giovinastro, gradasso, (napol.) guappo, ragazzaccio, teppista. Come agg., non com., sfrontato, spavaldo: con aria bulla. 2. In senso meno deprezzativo, bellimbusto, persona che ostenta la sua vanità maschile in abiti e atteggiamenti di ricercata, fatua e, di solito, pacchiana eleganza (Vocabolario Treccani)

‘Ogni volta che la cronaca ci sbatte in faccia bande di nazistelli che picchiano ebrei o gruppi di ragazzi che sbertucciano un compagno troppo sensibile fino a indurlo al suicidio, mi domando in quale anno, in quale secolo siamo. (…) Se chiudo gli occhi, mi sembra di vederli sfilare al passo dell’oca: bulli, nazistelli, fanatici di ogni risma e colore. Avvinghiati alle loro patetiche certezze di cartapesta, al loro ridicolo senso del rispetto e dell’orgoglio tribale. Tanti Io deboli raggrumati in un Noi insulso. Li guardo e non mi fanno paura. Solo tanta pena. Spero che un giorno la vita li sorprenda davanti a uno specchio, costringendoli a vedere che siamo tutti sul medesimo albero. Anzi, che siamo l’albero, e chi dà fuoco a un ramo diverso dal proprio sta solo incendiando se stesso.’ (Massimo Gramellini)

Il termine “bullismo” fino a poco tempo fa sconosciuto alla nostra società, è entrato in modo prepotente nel nostro linguaggio quotidiano.

Ogni giorno le nostre cronache debbono registrare e raccontare episodi di “bullismo”; ma qual è il significato di questa parola? Quali sono le cause che lo scatenano?

Il “bullismo” è un fenomeno molto grave che si manifesta attraverso atteggiamenti e comportamenti pieni di violenza sia fisica che verbale, messi in atto da ragazzi e a volte anche bambini, nei confronti di loro coetanei ritenuti più deboli.

La violenza viene manifestata attraverso atti minacciosi, ricattatori, allo scopo spesso di derubare la vittima di oggetti per esempio: cellulare, scarpe firmate, magliette e soldi; e pure con minacce e offese verbali in modo insistente e ripetitivo con lo scopo di colpire la vittima sull’aspetto fisico (sei sfigato, sei ciccione, sei brutto) ecc.

Il “bullo” non agisce mai da solo, ma con l’aiuto e l’incitamento del gruppo.

Pensa di essere “forte”, è soddisfatto nel vedere soffrire la sua vittima.

Non può esserci una spiegazione soddisfacente verso questo fenomeno dei giorni nostri.

La mancanza di regole, l’assenza spesso nella scuola di una figura maschile alla quale il “bullo” può riferirsi, può essere una causa anche la famiglia con genitori troppo permissivi, che hanno timore di correggere il comportamento sbagliato dei propri figli per paura di subire attacchi fisici e verbali, e pensano di colmare le loro richieste affettive con continui regali, con il rischio di crescere figli viziati e senza regole. Tutto sommato c’è la responsabilità in educando da parte della famiglia: prima cellula dove si insegna l’educazione, i valori, il rispetto per persone e cose. Un altro fattore importante che condiziona molto i ragazzi che sono poco seguiti dagli adulti, è dato dai modelli proposti nelle serie televisive, nei videogiochi, in alcuni fumetti e film.

Dato i numerosi fatti di cronaca nera, negli ultimi anni il Miur (https://www.miur.gov.it/bullismo-e-cyberbullismo) ha attivato un progetto per sensibilizzare i ragazzi, redatto linee guida, è stata creata una unità specifica dall’Arma dei Carabinieri, e sia l’Arma (http://www.carabinieri.it/cittadino/consigli/tematici/questioni-di-vita/il-bullismo/il-bullismo) che il Telefono Azzurro (https://www.azzurro.it/it/informazioni-e-consigli/consigli/bullismo/che-cos%E2%80%99%C3%A8-il-bullismo) hanno scritto sui loro siti le informazioni importanti per comprendere il fenomeno, riconoscerlo, denunciarlo.

Possiamo concludere, deducendo che, per combattere questo brutto fenomeno, che non riguarda solo i maschi, ma anche le femmine, si devono alleare scuola e famiglia, soprattutto quest’ultima deve essere più attenta verso i cosiddetti “bulli”, capire se il proprio figlio presenta atteggiamenti da bulli, che non sanno di essere loro i più deboli.

I fatti di cronaca, mi hanno ispirato un breve racconto, eccolo a voi e Buona lettura!

 

Il  cambiamento

di A. Savucci

‘Per troppo tempo, la nostra società si è scrollata di dosso bullismo etichettandolo come un “rito di passaggio”. Questi atteggiamenti devono cambiare. Ogni giorno, gli studenti sono vittime di bullismo in silenzio e hanno paura di parlare. Rompiamo questo silenzio e mettiamo fine al bullismo nelle scuole.’ (Linda Sanchez, autrice di una proposta di legge federale negli Stati Uniti contro il bullismo)

Ogni giorno Maria pensava a quanto sarebbe finita la scuola. Non perché non le piacesse andare a scuola, ascoltare le spiegazioni dei professori, imparare, ma perché ogni giorno subiva atti di bullismo da una compagna di classe ; purtroppo molte volte ripetente.

La bulla si chiamava Jessica, era membro del gruppo di bulli della scuola. Un giorno Maria incontrò Jessica per strada, e le si avvicinò chiedendole perché si comportava in quel modo.

Jessica iniziò a parlare senza abbandonare gli atteggiamenti da bulla, ma raccontò tante frottole. Maria, da ciò che diceva la sua compagna, capi che faceva questo solo per farsi accettare dagli altri. A un certo punto arrivò il gruppetto dei bulli e allora Jessica strattonò Maria le lo zaino, svuotò il contenuto per terra e lo buttò nella vallata che si trovava proprio di fronte a loro con molta violenza, e, insieme al suo gruppetto di bulli se ne andò fiera. Maria si mise a piangere ,a confortarla arrivò la sua professoressa, che le chiese cosa era accaduto, Maria finse di essere caduta per sbaglio. Questo perché non poteva dire niente e nessuno, altrimenti sarebbe stata picchiata selvaggiamente. Una volta allontanatasi la professoressa, Maria dovette scavalcare la rete di recinzione per riprendere lo zaino, nel riscavalcare la rete si ferì ad una mano. Continuò a camminare finché non arrivò a scuola. Mentre aspettava di entrare le si avvicinò Jessica e non contenta di quello che aveva appena fatto, le strappo di nuovo lo zaino e glielo ruppe definitivamente. Maria scoppiò in un pianto isterico, colmo di rabbia. In quel preciso momento suonò la campanella, Jessica entrava a scuola fiera di quello che aveva fatto, Maria rimase fuori con l’intento di aggiustare lo zaino. Questo le causò il ritardo alla prima ora di Italiano ed essendo una ragazza molto puntuale la prof le chiese quale fosse il motivo di ciò,e, per l’ennesima volta, Maria inventò una frottola, mentre Jessica la guardava con fare minaccioso. Questi atti di bullismo si ripetevano quotidianamente, fino ad arrivare anche ad atti di violenza fisica, ma ahimè Maria continuava a negare l’evidenza inventandosi cadute accidentali e tanto altro. Un giorno, in un ennesimo atto di violenza in cui Jessica con un pugno ruppe il naso a Maria, quest’ultima dovette andare al pronto soccorso dove dichiarò di essere caduta dalle scale della sua abitazione. Jessica se ne andò pensando a ciò che aveva fatto, finché non arrivò la notte e andò a letto molto agitata. Durante la notte fece un sogno, in cui Jessica si trovava fuori nel cortile della scuola insieme al gruppo di bulli nel quale si trovava anche Maria, la spintonarono ripetutamente le diedero ceffoni facendola cadere a terra, umiliandola davanti ai suoi compagni e agli altri ragazzi della scuola.

Si svegliò tutta sudata e con una forte oppressione al petto da toglierle il fiato. Finché non arrivò a scuola pensò e ripensò al sogno, e quando arrivò a scuola la prima cosa che fece andò incontro a Maria, la quale la fissava con uno sguardo terrorizzato , ma Jessica la tranquillizzò dicendole che voleva solamente parlare ma, con gli occhi colmi di lacrime riuscì a solo ad abbracciarla. Maria a quel punto non fece altro che contraccambiare il forte abbraccio, e, le sussurrò all’orecchio ”ti perdono”, Jessica le rispose “amiche per sempre”.

Tutti coloro che si trovavano intorno alle ragazze applaudirono, compreso il gruppo dei bulli. Ed urlarono unanimemente “evviva l’amicizia“

Alisya Savucci

Professoressa Oriele Orlando

1^ E Scuola secondaria di primo grado I. C. M. G. Cutuli, Roma