La Città dei Ragazzi: l’accoglienza a Roma

ROMA – La Città dei Ragazzi è una struttura di accoglienza per giovani in difficoltà, gestita dalla fondazione “Opera Nazionale per le città dei ragazzi”.
Il centro è stato fondato nel 1953 da Monsignor Carrol-Abbing e Don Antonio Rivolta per accogliere i giovani bisognosi, sul modello delle boy’s town americane. Monsignor Abbing, che già nell’immediato dopoguerra si era occupato dei ragazzi più poveri, aveva creato, a Civitavecchia, la “Repubblica dei ragazzi”, dove nacque il sistema di Autogoverno che sarebbe poi stato utilizzato nella “Città dei Ragazzi”.

La città, situata appena fuori dal raccordo, in via della Pisana, comprende più di ottanta ettari di terreno. Oggi il centro ospita trentadue ragazzi, distribuiti in quattro appartamenti, ognuno fornito di quattro camere, con due letti e un bagno ciascuna, e un salotto comune.
I ragazzi residenti, grazie alla collaborazione con i servizi sociali del territorio, possono ricevere un’adeguata assistenza psicologica. Inoltre, ai ragazzi è data la possibilità di studiare nelle scuole della zona, e di frequentare corsi professionali, in modo da ricevere un’adeguata formazione e strumenti sufficienti per affrontare la vita fuori dalla città.
Gianni Fulvi, responsabile della struttura e presidente del Coordinamento Nazionale delle comunità per i minori, al microfono di Dire Giovani, ha raccontato la realtà della città dei ragazzi e le criticità dell’iter dell’accoglienza in Italia.
Oggi, il sistema dell’Autogoverno è in crisi: infatti, le esigenze dei ragazzi accolti sono drasticamente cambiate, si tratta spesso di ragazzi reduci da situazioni estremamente critiche, di violenza e abusi; per questo gli ospiti necessitano di un percorso diverso.
Per quanto riguarda l’uscita dei maggiorenni dalla struttura, spesso c’è la necessità di continuare ad ospitare i ragazzi, non ancora pronti a lasciare la comunità.
Alla nostra domanda riguardante la crisi di fondi che la struttura ha affrontato nel 2018, Gianni Fulvi risponde che il centro aveva fatto affidamento fino a quel momento sull’aiuto economico della Fondazione americana “Science and Life”, che inviava fino a un milione di euro l’anno; nel mentre, la regolamentazione dei fondi pubblici per strutture come questa cambiava, e la Città dei Ragazzi non si adeguava ai nuovi budget. Così, quando l’associazione americana ha tagliato i fondi, il centro si è trovato in difficoltà, tuttora non completamente superata.

Il caso specifico della Città dei Ragazzi, si inserisce nello scenario più generale e controverso dell’accoglienza dei minori in Italia. Gianni Fulvi precisa che ci sono altri paesi europei che, al contrario di come si potrebbe pensare, accolgono un numero più elevato di minori rispetto all’Italia, come la Francia che ne accoglie il quadruplo. Quando gli chiediamo quali siano, a suo parere, le più grandi lacune dell’accoglienza dei minori in Italia, Fulvi ci spiega che il problema, in Italia, riguarda l’organizzazione dell’assistenza sociale; i dati ci dicono infatti che la priorità delle politiche sociali in Italia riguarda gli anziani, seguiti dalle famiglie, e infine i minori, tendenza opposta a quella della maggior parte degli altri paesi europei. A causa di questa cattiva gestione dei fondi sociali, molte famiglie non ricevono gli aiuti di cui avrebbero bisogno, e questo porta spesso ad una situazione talmente critica da portare all’allontanamento del minore.
Un’altra questione controversa è quella delle adozioni: capita infatti che la famiglia adottiva, abbandonata dagli operatori, rifiuti il minore, causando un ulteriore trauma.

Di traumi e violenze è certamente colma l’esperienza di Talib, giovane senegalese ospite della Città dei Ragazzi. Talib, partito a 15 anni dal suo paese a causa di una faida tra famiglie, ha attraversato il deserto e ha trascorso un periodo nelle prigioni libiche, del quale non ha raccontato quasi nulla, a causa della drammaticità e violenza dei suoi ricordi. Alla domanda sul come si sia sentito a lasciare la sua terra d’origine, il ragazzo precisa che non avrebbe mai voluto lasciare il suo paese, e non lo avrebbe fatto se non fosse stato costretto.
Arrivato in Italia nel 2016, Talib ha trascorso tre mesi in un centro d’accoglienza in Calabria, per poi arrivare alla città dei ragazzi. Oggi diciannovenne, Talib lavora in un ristorante di Montalto di Castro, e studia ragioneria: il suo sogno è diventare geometra.

 

 

Roma, 4 Luglio 2019

Per la nostra prima esperienza giornalistica sul campo, ci incontriamo all’uscita della metro Cornelia. La nostra meta è la città dei ragazzi, a via della Pisana. Quindi tutti insieme, sotto il sole, ci dirigiamo verso la fermata dell’892, autobus che, dopo una decina di minuti, arriva salvandoci dalla calura estiva. Scesi a Bravetta, riusciamo per miracolo (e dopo quaranta minuti) a salire su un autobus, l’808, verso la Città dei Ragazzi.
Scendiamo su una strada in campagna, grazie al conducente che ha deciso prima di ignorare la nostra fermata, e poi di farci scendere senza preoccuparsi di raggiungere un’altra. Ma la fortuna è dalla nostra parte, perché poco dopo abbiamo preso un autobus in senso opposto che ci porta davanti all’entrata. Attraversiamo un grande cancello e un viale alberato per raggiungere l’ufficio del responsabile della struttura, Gianni Fulvi, dove lo intervistiamo.
Dopo quaranta minuti di intervista riusciamo a fare un breve tour della città, e a visitare l’edificio dell’assemblea.
Alla fine ci sediamo all’ombra su un prato, in compagnia di un gatto, probabilmente più attratto dal prosciutto dei nostri panini che dalla nostra compagnia.
Torniamo nell’ufficio per intervistare Talib, giovane senegalese ospite alla città.
Dopo il colloquio con Talib, riprende la parola Fulvi, che risponde ancora ad un paio di nostre domande.
Nonostante il caldo e la difficoltà di posizionare il treppiede e stabilizzare il telefono per registrare le interviste, ripartiamo con un’ora di girato e la macchina fotografica piena di foto.
Dopo essere scesi ad una fermata di passaggio, scopriamo che dell’autobus di cui abbiamo bisogno si sono perse le tracce, e nell’attesa prosciughiamo il frigo di un bar. Quando riusciamo finalmente a salire sul primo autobus che passa, ci ritroviamo alla metro San Paolo, e ci dirigiamo verso Rebibbia, scendendo a Castro Pretorio. Percorriamo l’ultimo chilometro sotto il sole, arriviamo in redazione dove, dopo aver fatto il punto della situazione ed esserci rifocillati, terminiamo il nostro viaggio.

di Shayne Alteza, Greta Argentieri, Giulia Bei, Mattia Fabiani, Antonella Gibellieri, Kristian Miceli, Eleonora Piroux, Cecilia Rea, Marianna Romano, Chiara Tonini.

Tutor: Marco Marchese