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Copyright: che cosa dice la legge. Casi famosi di violazione delle opere d’ingegno

Il copyright (in lingua inglese letteralmente significa diritto di copia) è un termine che identifica diritto d’autore nei paesi di common law, dal quale però differisce, sotto vari aspetti. Il termine viene internazionalmente usato anche per indicare la normativa sul diritto d’autore degli ordinamenti non di derivazione anglosassone.

È solitamente abbreviato con il simbolo ©. Quando tale simbolo non è utilizzabile, si riproduce con la lettera “c” posta tra parentesi(c) o (C). In base alla Convenzione di Berna è stata introdotta la Regola della prima scadenza.

Durata ed ereditarietà del copyright

La normativa prevede una durata del copyright limitata nel tempo e variabile significativamente a seconda della categoria merceologica tutelata (medicinali, brani musicali, software, ecc.).

Il periodo di copyright dovrebbe consentire di avere un adeguato margine di guadagno e di recuperare i costi che precedono l’entrata in produzione e la distribuzione del prodotto. In linea di principio la durata è proporzionale ai costi da remunerare. Tuttavia non sempre la proporzione viene rispettata. Per esempio un brano musicale ha una durata di copyright di 70 anni mentre per un medicinale, che ha costi di ricerca e sviluppo assai maggiori, la durata brevettuale è di 20 anni a cui si aggiunge un periodo massimo di 5 anni garantito dal certificato complementare di protezione – SPC-.

Storicamente la morte dell’autore causava l’estinzione del copyright. In seguito, il diritto d’autore è passato agli eredi del soggetto e quindi la durata prevista dalla legge è prescrittiva (30/70 anni in ogni caso). È stata modificata anche la distribuzione dei margini: all’editore tocca talvolta più dell’autore, talora più del 50% (a fronte di un equo margine che per un intermediario è generalmente intorno al 20%).

Dibattito sulle pene per la violazione del copyright

Nelle legislazioni internazionali è frequente una tendenza all’equiparazione fra la violazione del copyright e il reato di furto.

Esiste un dibattito non solo sull’entità delle pene che una simile equiparazione comporta, ma anche sulla reale opportunità di accomunare i due tipi di reato. L’equiparazione al furto comporta infatti un considerevole inasprimento delle pene.

Analogo dibattito investe il rispetto del proporzionalismo fra le pene rispetto alla gravità del reato. Il plagio, infatti, prevede pene inferiori al furto (sebbene l’utilizzo commerciale sia un’aggravante nella violazione di copyright). In sostanza, chi copia e vende opere in forma identica all’originale commette un reato punito molto più severamente del plagio, ovvero di chi apporta lievi modifiche e si appropria di una qualche paternità sull’opera, traendone profitto.

Azioni legali famose

Nel 2008 gli eredi di Chet Baker hanno fatto causa contro le major discografiche (Sony BMG, EMI MusicUniversal Music e Warner Music) per violazione del copyright. A loro dopo poco si sono aggiunti altri artisti fino ad arrivare ad una class action. Le case discografiche sfruttavano commercialmente i brani senza pagare i diritti agli autori dichiarando semplicemente che non era possibile rintracciarli, anche artisti come Bruce Springsteen.

Un altro caso eclatante di violazione del copyright, che ha interessato anche l’Italia, è quello che ruota intorno al caso Rojadirecta, la piattaforma di eventi sportivi trasmessi in streaming fondato dallo spagnolo Igor Seoane. Nonostante l’arresto del 2016 a carico di Seoane, dopo una battaglia giudiziaria che lo ha visto contrapposto a Google, Mediaset e alla magistratura spagnola, oggi Rojadirecta è di nuovo funzionante (Fonte: altervista.org).

Questa è certamente una delle più clamorose azioni mai avviate a tutela delle proprie canzoni e riguarda l’italiano Albano Carrisi e Michael Jackson.

Infatti, nel lontano 1992 Albano Carrisi denunciò Jackson per il plagio della sua canzone I Cigni Di Balaka”. A seguito di ciò l’album “Dangerous venne sequestrato in tutta Italia dalla Pretura Civile di Roma, con un’ordinanza in seguito revocata. La Sony, dal canto suo, volle tutelarsi da ogni responsabilità, facendo uscire l’album “Dangerous” in una nuova versione senza “Will You Be There”, solo per il mercato italiano.Jackson si presentò in aula per rispondere delle accuse, cos’ come fece per “The Girl Is Mine e nella circostanza i periti incaricati stabilirono che le due canzoni avevano 37 note di seguito identiche nel ritornello, e quindi il plagio sussisteva. Michael Jackson dovette pagare ad Albano Carrisi la somma di 4 milioni di lire.Una sentenza successiva stabilì che entrambi i cantanti si erano ispirati ad una canzone del 1939, sprovvista di copyright, Bless You For Being An Angel, degli Ink Spots. Il gruppo si era a sua volta ispirato ad una musica dei nativi americani. Albano ha sempre negato di aver tratto ispirazione da

PANEBIANCO NOEMI, SAMBATARO MICHELLE, GALASSO SIMONE 3° B.