La violenza: un aspetto ineliminabile della storia

L’uso della violenza ha fatto parte e fa ancora oggi parte della storia perché la violenza è inerente alla cultura. La cultura stessa di un popolo veniva imposta e conservata con la violenza: chi si ribellava al volere del sovrano pagava la sua colpa con pene che implicavano l’uso della violenza. La pace stessa si otteneva tramite l’uso della violenza. Che la violenza fosse un fattore dipendente dalla cultura lo si evince dai numerosi testi letterari in cui domina la celebrazione della guerra e del combattimento e l’incitazione alla violenza. Ne è un esempio il testo poetico “I cavalieri e la guerra” di Berton de Born in cui il tema trattato è l’esaltazione della lotta, del combattimento e della gioia che si prova nel momento dell’assalto. Ma, se da una parte, la violenza era parte della storia e apparteneva nell’animo di moltissime persone, dall’altra parte c’è sempre stata altra gente che ha rifiutato la violenza e si è adoperato per debellare questo male della società.

Grandi opere letterarie sono state scritte dagli autori che hanno vissuto situazioni di estrema violenza. Ungaretti, per esempio scrisse, durante la prima guerra mondiale, molte poesie di estrema importanza per la nostra letteratura. Tutto ciò che noi oggi abbiamo è frutto di azioni violente: anche il territorio in cui viviamo, la lingua, la cultura, le tradizioni e le usanze sono derivati diretti e indiretti della violenza. La cosa più grave è che ancora oggi, nel periodo dello sviluppo, dell’avvento della tecnologia, delle grandi conoscenze, la violenza non è stata debellata, esiste e continua a mietere vittime e creare disabilità, morti, senzacasa, orfani di guerra e traumatizzati. Il progresso anzi ha enormemente accresciuto le atrocità, perché grazie ad esso l’uomo è riuscito a costruire potentissime armi chimiche. Le azione militari, però, se condotte con questi mezzi, possono produrre grandi distruzioni e devastazioni che superano i limiti della legittima difesa. È per questo che abbiamo l’obbligo di considerare l’argomento della guerra con una mentalità completamente nuova. Innanzitutto bisogna partire da una scelta interiore, cioè quella di disarmare lo spirito eliminando dal nostro cuore ogni forma di disprezzo, ogni motivo per cui l’altro è nemico, ogni odio, per diventare uomini di pace. Ogni atto di ingiustizia, infatti, è un focolaio di guerra, ogni menzogna è una preparazione alla guerra, ogni odio, ogni disprezzo dell’altro accumula quella capacità di male che poi esplode e nessuno sa fermare.

È difficile riuscire a fare attecchire questo cambiamento e se lo si vede in quest’ottica allora ci si deve rassegnare all’idea che la violenza è stata, è e sarà un elemento ineliminabile della storia. Ma non è bello pensare alle future generazioni come esseri incapaci di amare, di perdonare e di liberare il cuore dalla crudeltà; è più corretto essere positivi e riporre fiducia nell’umanità che, facendo emergere il “bambino” che esiste dentro ogni essere vivente, riuscirà a debellare la violenza per sempre.

Dalila Genovese, 3^A