Una pericolosa eredità: l’inquinamento marino

di Giulia Marini 1D

Una realtà a noi sfortunatamente nota è la contaminazione degli ambienti marini. La Liguria, considerata la sua collocazione geografica, è coinvolta più che direttamente: la nostra terra ha visto il cambiamento in negativo di una delle sue rinomate bellezze. Per spiegare l’evoluzione di questo doloroso avvenimento ecco l’intervista a Massimo Cormaggi, esperto subacqueo e grande appassionato di natura.

Quali sono i prodotti più frequenti e maggiormente inquinanti? Quali sono i loro effetti e dove colpiscono prevalentemente?

I maggiori responsabili del depauperamento ittico sono i fertilizzanti e gli antiparassitari, motivo per cui siamo in preda ad un inquinamento silente: essi non provocano danni immediatamente riscontrabili, ma, con il passare del tempo, l’accumulo di queste sostanze aumenta, ed è così che vengono a galla le disastrose conseguenze. Il luogo che ne ha maggiormente risentito è il sotto costa, dove alcune specie come le cozze e le patelle si sono estinte e i ricci di mare decimati.

Avendo definito questo inquinamento silente, è logico dedurre che le cause siano da ricercare in tempi più remoti. Dunque, quando tutto ciò è iniziato?

Principalmente durante il periodo del boom economico, quando l’Italia era in forte espansione, libera da qualsiasi controllo. Si potrebbe paragonare il nostro paese all’attuale Cina: una nazione con un enorme sviluppo industriale ma priva di qualsiasi parametro riguardante l’inquinamento.

La contaminazione marina è un fenomeno causato esclusivamente da coloro che vivono questa realtà giornalmente o le responsabilità possono essere estese oltre i luoghi marittimi?

In realtà certi tipi di sostanze dannose provengono da territori molto lontani ma, per comprendere totalmente il significato di questa risposta, bisogna condurre un’analisi più attenta. Le molecole presenti negli antiparassitari hanno tempi di estinzione che possono durare decenni. Un esempio è il Fipronil, principio attivo del Frontline, antiparassitario noto e diffuso nella veterinaria,utilizzato anche come fertilizzante nelle colture sud-americane negli anni ’50. Le sue molecole, ritrovate sui pinguini in Antartide, sono riuscite a compiere un lunghissimo viaggio. Inoltre, data la loro natura lipofila, si legano ai grassi: dunque, laddove è presente una concentrazione di grasso, ci sarà un’elevata presenza di questa molecola estremamente dannosa, causa di danni al DNA e mutazioni genetiche.

In media, quanto è aumentata la temperatura marina? Quali sono stati i danni più evidenti?

L’aumento medio è di circa 2 o 3 gradi in più, come dimostrato dagli spaventosi picchi estivi di 28 e 29 gradi. Questo crea sicuramente danni, in particolar modo in un bacino chiuso come il Mediterraneo e spiega i radicali cambiamenti nell’ecosistema. Al suo interno flora e fauna sono strettamente collegate: non si può danneggiare un unico elemento senza recare danni agli altri.

Dal punto di vista alimentare, quali sono state le più importanti alterazioni?

Lo squilibrio della concentrazione del fitoplancton e dello zooplancton, importantissime fonti di cibo, ne è un grave esempio. Il suddetto fenomeno, ricollegabile all’aumento delle temperature medie e alla loro contaminazione, vede in contrapposizione al tipico andamento stagionale l’odierno giornaliero. Da simile osservazione è ipotizzabile che parte dei numerosi danni a discapito di habitat e residenti provengano proprio da questa situazione.

Quali sono gli aspetti più pericolosi della contaminazione del mondo marino per l’umanità?

Un aspetto estremamente nocivo per la salute è la presenza di plastiche e mercurio all’interno del pesce ingerito. Per quanto riguarda le prime la questione principale è la loro decomposizione in diossina, una delle 11 sostanze più tossiche presenti sulla terra (https://it.wikipedia.org/wiki/Diossine). Inoltre anch’essa è una sostanza lipofila, motivo per cui la si ritrova nelle carni dei pesci. Il mercurio è un elemento dannoso quando assunto in grandi quantità, specialmente nei pesci azzurri i grossa taglia come il tonno. Questi, data la loro natura pelagica, si spostano in varie zone del Mediterraneo e  ne assumono grandi quantitativi, a loro volta ingeriti dagli umani.

A tuo parere come rischia di degenerare l’inquinamento?

Il lato più pericoloso dell’inquinamento non riguarda tanto il destino dell’umanità quanto i possibili effetti che potranno verificarsi sul pianeta. La Terra è una biosfera chiusa: nel caso in cui l’uomo si limiti ad inquinare unicamente questo sistema, sarà sufficiente l’estinzione della specie e una quarantina di anni perché tutto si auto-purifichi. Tuttavia, se l’essere umano permettesse l’incontro con l’esterno, infrangendo così i confini della terra, probabilmente la situazione degenererebbe irreversibilmente. Un esempio è il buco nell’ozono: è stato messo in comunicazione il mondo alieno (ovvero l’esterno) con quello che doveva rimanere un sistema senza vie di comunicazione, esponendo il globo terrestre ad attacchi dai quali non può difendersi.

Personalmente come pensi che si possa porre riparo alla contaminazione ambientale? 

Per rispondere a questa domanda è opportuno partire dal presupposto che la nostra quotidianità non solo è invasa da materiali tossici, ma orbita attorno ad essi. Lo stesso progresso finanziario, come condotto al momento, produce inquinamento. L’uomo brama in tal misura la crescita continua e ininterrotta delle proprie ricchezze che non è disposto a sacrificare parte di questo imponente progresso.  Per incominciare a prendere seri provvedimenti è necessario rinunciare a crescere con questi ritmi e consumi e porre un ragionevole limite ad un benessere sfrenato che si ritorcerà contro di noi.