Il cyberbullismo non è uno scherzo

La scorsa settimana, un fatto apparentemente innocuo sembra essersi trasformato in uno scandalo: la giovane attivista Greta Thunberg è apparsa in foto insieme alla madre nel sito della rivista spagnola “El Mundo”. Su Twitter è scoppiata la polemica riguardo alla provenienza di una poltrona presente nello sfondo. A detta di una donna che si definisce un’appassionata ed esperta di mobilia, la poltrona appartiene a un rinomato designer che utilizza pelle di vero animale e si fa pagare migliaia di euro.

I commenti sono stati di ogni tipo, dalle critiche più moderate agli insulti offensivi che si concentravano ora sul suo presunto stato di ricchezza, ora sull’ipocrisia e l’incoerenza dimostrata, “alla faccia dell’ambientalismo”. La smentita è arrivata presto. In realtà, la poltrona costa molto di meno ed è foderata in ecopelle. Il caso potrebbe concludersi qui, ma rimangono le parole che sono state rivolte
ingiustamente contro Greta. Basta poco per diffondere una notizia, vera o falsa che sia e, allo stesso modo, basta poco per influenzare l’opinione pubblica. A volte può essere un bene, ma purtroppo spesso si va a cadere nella pratica del cyberbullismo. Qui, un individuo viene preso di mira e qualcuno, da solo o in gruppo, inizia a diffamare ed offendere la persona senza alcuna considerazione nei suoi confronti. Si
può anche parlare di ostruzione alla libertà di credere nelle proprie idee e nelle proprie scelte, perché nella loro lecita espressione si ricevono attacchi. Non si deve tralasciare che questi comportamenti sono da bandire indifferentemente dal soggetto o dall’oggetto in questione. Anche se la donna avesse avuto ragione sulla provenienza di quella poltrona, nessuno avrebbe avuto il diritto di utilizzare la violenza verbale. Tanto più attraverso i social media, un luogo dove qualsiasi materiale pubblicato non può essere cancellato.

Ilenia Matina, V H