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Non diciamo solo no al bullismo e al cyberbullismo, ma combattiamoli

Il cyberbullismo concerne l’utilizzo di comunicazioni elettroniche, in particolare messaggi sui social network, post e chat, ma anche mail ed sms, finalizzate a vessare qualcuno, mediante forme di linguaggio diffamatorio, intimidatorio o minaccioso. Questa, purtroppo, è l’espressione virtuale e più evoluta del fenomeno meglio conosciuto come bullismo. Quest’ultimo è caratterizzato da azioni che possono riguardare molestie verbali, aggressioni fisiche, persecuzioni, quasi sempre poste in atto in ambiente scolastico.

Oggi, la tecnologia consente ai bulli di raggiungere le vittime fin dentro casa, di materializzarsi in ogni momento della loro vita, perseguitandole con messaggi, immagini, video offensivi inviati tramite smartphone o pubblicati sui siti web tramite Internet. Il bullismo diventa, come detto, cyberbullismo ed è ancora più temibile, perché si espande nel mondo virtuale attraverso i social network più conosciuti e frequentati dai giovani.

L’obiettivo, in ogni caso, resta sempre lo stesso, quello, cioè di provocare timore, danni ad un coetaneo incapace di opporre resistenza.

La cosa assai triste è che tali fenomeni sono diventati una piaga sempre più dilagante nelle scuole italiane.

Ed è proprio la scuola, infatti, uno degli scenari in cui più spesso si registrano episodi vessatori di sconcertante violenza: dalle molestie a compagni e docenti ad atti di vandalismo, fino ad arrivare a casi, piuttosto, estremi.

Non di rado, infatti, si ha notizia di video girati in classe e messi in rete, che documentano un’aggressività inaudita ed ingiustificata, con giovani vittime, incapaci di difendersi e che patiscono lo scherno di crudeltà gratuite.

Chissà, magari sono i condizionamenti della società contemporanea, l’influenza, non proprio positiva, di pellicole e videogiochi violenti, l’effetto moltiplicatore di Internet, ad essere le cause scatenanti di una crescita incontrollata ed imprevedibile di tali aberrazioni.

La ricerca spasmodica di appagamento dei propri desideri, che caratterizza i tempi moderni forse, può aver sbilanciato il rapporto etico e morale tra ciò che è diritto e ciò che è dovere, tra la pretesa e il merito, creando confusione nelle giovani generazioni.

D’altronde, la nostra è l’era del consumismo, in cui predomina la falsa morale del “tutto e subito”; questo è il messaggio che oggi passa. Nessuno sa più cosa è giusto e cosa è sbagliato, c’è solo la voglia di crescere prima e magari, troppo in fretta.

Viviamo nell’universo dominato da un esasperato narcisismo, dalla voglia di apparire, di condividere con altri ogni singolo momento di vita; così, vi è chi ostenta il vestito griffato, chi il gioiello di lusso, chi la macchina potente; ciascuno celebra il proprio momento di notorietà, con ritualità liturgica e i canali informatici offrono indistintamente a tutti una tale possibilità.

Tuttavia, se il mondo virtuale ha costruito una discussa vetrina di violenza e di degrado, sarebbe saggio indagare sulle ragioni di questa deriva in cui rischiano di naufragare le nuove generazioni, libere nei propri ideali ma in realtà schiave di mode, modelli e comportamenti copiati non si sa bene dove.

Ed allora, l’istituzione familiare e quella scolastica devono riappropriarsi di un fondamentale ruolo, quello cioè di educare, di insegnare l’empatia verso gli altri ed il rispetto dei sentimenti e delle sensibilità diverse: spettando a loro di fissare il netto confine tra ciò che può considerarsi divertente e un comportamento sconsiderato, privo di tatto, addirittura, crudele. Sono gli adulti che devono impartire le giuste regole, fornendo precisi modelli di comportamento, con il loro esempio.

Dunque, la scuola e così pure la famiglia diventano i luoghi da cui deve prendere le mosse l’educazione alla legalità, intesa come capacità di rispettare le regole, di confrontarsi con gli altri, di saper discernere tra trasgressività nei comportamenti e trasgressione delle regole.

Ora, come in tutte le società, anche a scuola c’è chi si impegna affinché tutti rispettino i precetti e chi, invece, tenta di violarli con deprecabili atti di violenza e prevaricazione.

Qui, il ragazzo più forte della classe o solo il più “furbetto” costringe la vittima a fare i compiti al suo posto, a dare a lui la merenda, il maglione firmato.

Epperciò, poiché sono gli ambienti scolastici quelli più minacciati da fenomeni di tale stregua, è per questo necessario che da noi studenti parta una vera e propria crociata contro il bullismo in tutte le sue forme e manifestazioni.

Ognuno di noi, allora, deve assumere un ruolo importante, non rifiutando di battersi in questa lotta contro i prepotenti e a favore della legalità.

Anche il silenzio può, infatti, trasformarsi in mera complicità. Di contro, denunciare forme di violenza e prevaricazione, anche se non ci colpiscono direttamente, deve essere una prerogativa di tutti, anche al fine di ripristinare il rispetto della legalità.

Legalità che vuol dire riconoscere il dialogo, permettendo di escludere il ricorso a forme di violenza nei rapporti interpersonali; significa libertà, perché il rispetto delle regole comuni assicura e garantisce lo spazio in cui ciascuno può agire senza essere sottoposto al potere altrui. Ed in questo, la scuola è parte essenziale, avendo come precipuo compito quello di insegnare a distinguere tra legalità e illegalità, tra onestà e corruzione, a interpretare correttamente la realtà in cui viviamo e a scegliere da che parte stare.

E ciò anche se si è all’interno di un gruppo; pure in tal caso non bisogna mai rinunciare alla propria personalità e abdicare alle proprie idee. Così da non accettare e seguire la “legge del branco” e commettere azioni che, da soli, nessuno si sognerebbe neanche di pensare.

In ogni caso, l’impegno deve essere quello di sconfiggere la legge del più forte e la prepotenza, anche quella che è tra noi e che sperimentiamo quotidianamente nelle nostre esperienze di vita. Vivere la legalità significa non barattare diritti con favori, lottare contro gli interessi particolari, a favore della solidarietà e del rispetto delle esigenze altrui.

Credo che dobbiamo imparare a riconoscere in ciascuno la propria unicità, fatta di pregi e difetti, di virtù e vizi. Per questo non bisogna escludere o ghettizzare chi ci sembra diverso, ma cercare di conoscerlo nella propria diversità.

Dunque, facciamo tutti uno sforzo comune e non limitiamoci a dire soltanto “no al bullismo ed al cyberbullismo”, ma assumiamo l’impegno concreto a combattere tali distorsioni, senza ipocrisie e luoghi comuni, riscoprendo il coraggio della verità; quello che ci permetterà di non volgere più lo sguardo dall’altra parte e far finta di non aver visto.

Forse, solo allora, avrà prevalso il senso di legalità. Nessuno potrà mai più sentirsi escluso o minacciato, e potremo dire di aver creato un ambiente sano e sicuro che accoglie tutti a braccia aperte, in cui regna sovrana la gentilezza, la premura di non giudicare o ledere alcuno e, il rispetto sacrosanto delle altrui libertà.

Candida Izzi