A PROPOSITO DELLE PIETRE D’INCIAMPO  

Come un’iniziativa di pace e di riflessione può essere strumentalizzata dalla politica e diventare divisiva

 

A Schio, in provincia di Vicenza, il giorno 26 del mese di novembre del 2019, il consiglio comunale del paese boccia la mozione presentata dal consigliere PD Leonardo Dalla Vecchia che propone il posizionamento di alcune pietre d’inciampo davanti ai luoghi della cattura o alle vecchie abitazioni delle vittime scledensi dell’Olocausto.

Le pietre d’inciampo sono dei piccoli blocchi quadrati di pietra (10×10 centimetri), ricoperti di ottone lucente, che ricordano il nome, l’anno di nascita, il giorno ed il luogo della deportazione, la data della morte. La loro ideazione è parte del progetto dell’artista tedesco Gunter Demnig, avviato a Colonia nel 1992 e che, nel 2019, ha registrato l’installazione di oltre 71.000 pietre in ventisei paesi.

Il rifiuto di collocare queste pietre a Schio ha suscitato grande disappunto sia da parte del presidente della Comunità Ebraica di Venezia, Paolo Gnignati, sia dal Presidente della regione Luca Zaia che si è dimostrato solidale alla comunità giudaica affermando che “il sì alle pietre d’inciampo deve essere automatico e senza indugi”.

Ma il sindaco del paese vicentino, Valter Orsi, definisce le pietre d’inciampo come “divisive” e una “miccia da disinnescare”; ritiene inoltre che esse non siano l’unico modo per ricordare gli ebrei vittime dei lager e che, anche per questo motivo, molte altre amministrazioni italiane ed europee non hanno mai portato avanti il progetto delle pietre d’inciampo, sebbene ormai da più di trent’anni questa iniziativa viene proposta ed accolta.

Il primo cittadino scledense, in un’intervista, parla anche della forte contrapposizione tra estrema destra ed estrema sinistra all’interno di Schio, un rapporto di tensione che non si è mai affievolito nel corso del tempo e che l’approvazione della mozione avrebbe solo peggiorato.

La mozione del PD, infatti, era stata seguita da un emendamento della destra (bocciato anche questo) che chiedeva le stesse pietre per i morti dell’eccidio di Schio del luglio 1945, un avvenimento che aveva segnato profondamente il paese, nel quale 54 persone furono uccise da ex partigiani della divisione Garibaldina Ateo Garemi.

Le pietre rischiano “di portare di nuovo odio e divisioni” e “non tengono conto delle morti di entrambi le parti”, ha dichiarato (riferendosi ai rappresentanti della sinistra di Schio) Alberto Bertoldo, facente parte del centrodestra.

Si è dunque trasformato in una questione politica ciò che sarebbe dovuto rimanere un gesto puramente etico e d’umanità.

I rappresentanti politici definiscono “divisivo” ciò che dovrebbe, invece, essere un motivo di unione e di riflessione condivisa per continuare a ricordare uno dei capitoli più tristi del XX secolo. Farlo sfociare in un caso di politica, oltre ad essere futile, svia dal vero scopo di questo progetto e della relativa mozione, cioè quello di dare un nome e una dignità alle quattordici persone che hanno vissuto sulla propria pelle la terribile esperienza dei campi di concentramento.

 

Agnese Dal Pai – 3D