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DISCRIMINAZIONI E VIOLENZE DI GENERE UNA VERA E PROPRIA EMERGENZA 

Sono stati 133 i casi di femminicido nel 2019 solo in Italia, una vittima ogni 72 ore. 

Ma la sconcertante situazione non si limita solo al nostro paese, nel mondo si verificano all’incirca 137 femminicidi al giorno. Da problema, la violenza di genere sta prendendo proporzioni di emergenza e di proporzione globale, perché nessun paese ne è esente. Ma come fermare un fenomeno così esteso e privo di confini? 

In Italia il 31,5% delle donne ha vissuto nella propria vita una forma di violenza fisica o sessuale.

L’81% è rimasta vittima di una persona conosciuta; in particolare il 55% dei casi del partner, nel 25% di un familiare e infine nel 1% di un amico o collega. Il femminicidio è dunque il culmine di un problema molto piú radicato e difficile da estirpare: la violenza e la discriminazione di genere. L’Italia sta facendo passi da gigante sulla paritá di genere, ma solo con casi come quello delle dichiarazioni maschiliste all’inizio del festival di Sanremo di Amadeus o le accuse sessiste alla performance di Elettra Lamborghini, quello che si sta’ facendo non è abbastanza. Negli ultimi anni sono numerosissime le iniziative partite per il raggiungimento dell’uguaglianza di genere, ma c’è un sfida forse ancora piú difficile da affrontare: lavorare incessantemente sull’educazione delle nuove generazioni, instaurare una programma solido di sensibilizzazione verso gli adulti e una campagna di prevenzione contro le violenze di genere con denunce preventive. Un grande lavoro deve ancora essere fatto anche su chi raccoglie le denunce delle vittime di violenza, per porre immediatamente in azione strumenti di protezione adeguati per  limitare il perpetrarsi di ulteriori abusi; troppi casi sono stati trascurati per poi degenerare in un femminicido. 

Le disuguaglianze proseguono anche in ambito professionale e lavorativo, l’Italia in questo frangente si colloca in una posizione piuttosto bassa nel GEI (Gender Equality Index): Indice dell’uguaglianza di genere. Il nostro paese ha il punteggio piú basso rispetto alla media europea in ambito dell’uguaglianza in campo di: accesso al mondo del lavoro, distribuzione di reddito, tasso di occupazione e presenza femminile in CDA di aziende pubbliche e private (le cosidette quote rosa). 

Sebbene negli ultimi anni le differenze di stipendio medio si stiano attenuando, le donne continuano a guadagnare il 18% in meno degli uomini, nelle coppie con bambini poi le donne arrivano a guadagnare fino al 30% in meno degli uomini. L’Italia prende il voto piú basso quando si parla di disuguaglianza nell’accesso alle posizioni di potere, la percentuale di donne nei CDA delle maggiori societá quotate in borsa è del 33%. Gran parte delle discriminazioni in ambito lavorativo circolano attorno alla maternitá. 5.5 milioni di donne, di etá compresa fra i 18 e 49 anni, ogni anno in Italia rinunciano ad avere un figlio e le dimissioni delle neomamme nell’ultimo anno sono state 45000, il 25% in piú del 2018; questi dati molto allarmanti sono accompagnati sempre da piú casi di ostruzionismo e vere e proprie minacce all’interno di aziende, da nord a sud, verso donne che vogliono entrare in maternitá. 

Le buone notizie peró sono che in Italia le stime per il raggiungimento totale della paritá di genere si stanno accorciando, al momento sono stimati all’incirca 40 anni e in futuro questo numero potrá scendere ulteriormente. Nella politica italiana si annoverano diversi casi di emancipazione femminile come la ex presidente della camera Laura Boldrini o l’attuale presidente del senato Maria Elisabetta Casellati; come loro molte altre figure nella politica italiana possono migliorare la condizione della donna in Italia, ma per raggiungere questo obbiettivo dobbiamo ricordarci che il primo cambiamento deve partire da noi stessi. 

 

Di Simone Combetto