La morte non è più un reato?

L’articolo 17 del Codice deontologico dei medici, a 4 mesi di distanza dalla sentenza sul caso di DJ Fabo (alias Fabiano Antonini), è stato finalmente aggiornato.
Il giovane, dopo un grave incidente in moto, era rimasto tetraplegico e senza la possibilità di vedere. In seguito a un lungo periodo di permanenza in ospedale aveva dichiarato, in stato di coscienza, di voler porre fine alle sue sofferenze.
Dj Fabo fu portato in Svizzera da un amico, e lì il suo desiderio fu accolto.
Lo scorso settembre, la Corte Costituzionale ha decretato che, in determinate situazioni, il medico che favorisce il suicidio assistito, non è punibile.
I 15 giudici che compongono la Corte sono intervenuti nel merito perché il Codice penale italiano non distingueva tra il reato di aiuto al suicidio e quello di istigazione al suicidio.
L’articolo 17 del Codice deontologico stabilisce quindi che, nel caso in cui ricorrano le condizioni poste dalla Corte Costituzionale, non sarà punibile dal punto di vista disciplinare il medico che liberamente sceglie di agevolare il suicidio assistito. In particolare viene affermato che “la libera scelta del medico di agevolare, sulla base del principio di autodeterminazione dell’individuo, il proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli (sentenza 242/19 della Corte Costituzionale e relative procedure), va sempre valutata caso per caso e comporta, qualora sussistano tutti gli elementi sopra indicati, la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare”.
I medici membri del Consiglio di disciplina saranno chiamati a valutare ogni caso nello specifico per accertare che ricorrano tutte le condizioni previste dalla sentenza della Corte.
In tal caso l’agevolazione del suicidio non sarà dunque punibile neanche da un punto di vista penale.

Questa è indubbiamente una sentenza storica: non bisognerà attraversare le Alpi per poter ottenere l’eutanasia in queste estreme e drammatiche situazioni.

A quattro mesi dalla sentenza della Corte costituzionale sul caso di Dj Fabo, l’ordine dei medici ha aggiornato il suo codice deontologico integrando quanto stabilito dalla consulta sulla non punibilità di certe condotte
Con voto unanime, il consiglio della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) – composto dai 106 presidenti degli Ordini territoriali – ha aggiornato il codice deontologico che, all’articolo 17, prevedeva che il medico, anche su richiesta del paziente, non deve attuare né favorire atti finalizzati a provocarne la morte. D’ora in poi, invece, non sarà punibile dal punto di vista disciplinare, dopo attenta valutazione del singolo caso, il medico che liberamente sceglie di agevolare il suicidio assistito, ove ricorrano le condizioni poste dalla Corte costituzionale.
Negli indirizzi, da oggi parte integrante del Codice di deontologia medica, si afferma che “la libera scelta del medico di agevolare, sulla base del principio di autodeterminazione dell’individuo, il proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli (sentenza 242/19 della Corte Costituzionale e relative procedure), va sempre valutata caso per caso e comporta, qualora sussistano tutti gli elementi sopra indicati, la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare”.
In quella sentenza, la Consulta aveva individuato specifiche condizioni in cui l’incriminazione per l’aiuto al suicidio non è conforme alla Costituzione. Riguardo al caso di Dj Fabo – ovvero Fabiano Antoniani, giovane che aveva perso la vista ed era rimasto tetraplegico a seguito di un grave incidente in moto e, nel 2017, aveva coscientemente espresso la sua volontà di porre fine ai suoi giorni – i giudici avevano stabilito lo scorso settembre che chi aiuta un’altra persona a morire non è sempre punibile. Questi casi riguardano tuttavia una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (come, per esempio, l’idratazione e l’alimentazione artificiale) e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
Al verificarsi di queste circostanze, l’agevolazione del suicidio non è dunque punibile da un punto di vista penale. Subito dopo quanto stabilito dalla Corte costituzionale, il Fnomceo aveva aperto alla possibilità di integrare il codice deontologico. Possibilità che, a distanza di pochi mesi, è diventata realtà. Come spiegato dal presidente della Federazione Filippo Anelli, ciò che cambierà nella pratica saranno i consigli di disciplina “chiamati a valutare ogni caso nello specifico per accertare che ricorrano tutte le condizioni previste dalla sentenza della Corte. Se così sarà, il medico non sarà punibile dal punto di vista disciplinare. “In questo modo”, ha continuato Anelli, “abbiamo voluto tutelare la libertà di coscienza del medico, il principio di autodeterminazione del paziente e l’autonomia degli Ordini territoriali”, ha precisato.