Quando il linguaggio è sessista

“La donna che scrive mi dà, quasi sempre, lo stesso fastidio dell’uomo che cucina”.

“Lascia stare sono cose da maschi”.

“A parità di curriculum, preferiamo un uomo”.

Queste sono solo alcune delle frasi che una donna almeno una volta nella sua vita ha sentito pronunciare. Il concetto di linguaggio sessista si accentua negli Stati Uniti intorno agli anni ’60-’70, con la crescita dell’industria pubblicitaria. Da qui questo comportamento assume i caratteri veri e propri di un’ideologia che andrà ad accentuare la preesistente problematica della discriminazione sessista. Molto spesso tali espressioni vengono usate inconsapevolmente, senza pensare al peso che esse possono avere. In molti ambienti della società odierna le donne sono ancora percepite come un’eccezione. Tale ideologia abbracciata da larga parte della popolazione scaturisce da secoli di repressione che inevitabilmente hanno influenzato la mentalità comune del giorno d’oggi. È anche per questo motivo che il linguaggio sessista è radicato in ambienti specifici come quello del lavoro e della politica. È soprattutto in questi ambiti infatti che un linguaggio del genere rappresenta ancora un’arma discriminatoria andando ad intaccare il percorso lavorativo di una donna che si approccia a contesti retrivi che fanno leva sul bigottismo della popolazione. Messaggi sbagliati vengono veicolati anche dai canali di comunicazione di massa come i social media e la televisione che puntano sempre a prediligere l’aspetto esteriore piuttosto che le qualità caratteriali. Per cambiare la mentalità delle masse nei confronti della donna è necessaria un radicale ripensamento della tavola dei valori che vada, dopo anni di sminuente considerazione, ad assegnarle il posto che merita nella società.

Samira, Giada, Daniele, Valerio