Come il coronavirus sta cambiando la società

Da tre settimane circa siamo, chi più chi meno, chiusi in casa in un logorante stato di attesa caratterizzato da giornate monotone e noiose; in molti si chiedono quando questa situazione finirà e soprattutto che cosa succederà quando tutto sarà finito, ci saranno dei cambiamenti? Gli stati investiranno di più nella sanità? Tutti avranno delle mascherine pronte per fronteggiare una nuova possibile pandemia? Questo virus probabilmente- ma secondo me i cambiamenti più grandi avverranno nelle persone- ha infatti sradicato molte convinzioni ormai consolidate, per esempio prima il mondo era diviso: c’erano i VIP poi c’erano i normali cittadini e poi c’erano i poveri, ora il virus mette tutti sullo stesso piano, non rende né i poveri VIP né i vip poveri, ma porta tutti alla stessa altezza e io penso che quando tutto questo finirà probabilmente parte di questa omogeneità sociale rimarrà per sempre, perché davanti a una malattia apparteniamo tutti alla specie Homo Sapiens.

Ormai per comunicare con gli amici non si può fare a meno dei social che per lungo tempo sono stati considerati quasi delle divinità, qualcosa di cui non potevamo fare a meno, solo ora che sono diventati l’unico mezzo per comunicare in tempo reale ci possiamo accorgere di quanto siamo effettivamente lontani nonostante le chat e le chiamate. Prime credevamo nel follower e nei like, solo ora, che il nostro grande idolo d’oro è stato distrutto dalla realtà ci possiamo rendere conto di quanto sia vero un semplice incontro.

Questa esperienza rimarrà scritta per sempre nella nostra memoria, ma quando noi non ci saremo più cosa succederà? Tra cento anni ci sarà qualcuno che si ricorderà di noi? Secondo me poche persone. Ieri ho “studiato” la più grande pandemia della storia, il mio libro gli ha dedicato la bellezza di sei righe; la “Spagnola” si abbatté sull’Europa centouno anni fa e portò alla morte il 5% dell’intera popolazione globale ciò significa che in una scuola morirebbe circa un alunno per classe.

Io prima di leggere il libro non sapevo nemmeno cosa fosse. Dopo questa esperienza noi ne saremo testimoni e sarà nostro compito far si che venga ricordata per evitare che si ricommettano gli stessi errori, questo è fondamentale: Hong Kong ad esempio sta gestendo benissimo l’emergenza perché, memore degli errori commessi nella gestione della SARS, ha agito immediatamente in modo efficace. 

Quando si sente parlare un testimone dell’olocausto o si legge un suo libro si fa sempre molta fatica a immedesimarsi in lui, dopo esser diventati testimoni di questa pandemia forse questo passaggio ci sarà più facile, ovviamente  il coronavirus non è lontanamente paragonabile alla Shoah ma comunque è un duro colpo per l’umanità, probabilmente si darà anche un peso diverso alle parole ricordo e testimone perché adesso siamo noi i testimoni, siamo noi che abbiamo vissuto “l’epoca del coronavirus” per questo secondo me queste parole avranno un senso più pieno.

Mentre scrivo questo tema se alzo la testa vedo gli alberi che cominciano a fiorire e mi rendo conto che siamo in primavera, mi ricordo gli anni precedenti e i lunghi pomeriggi che passavo all’aperto e penso a quest’anno, mi chiedo come sia stato possibile tutto questo, è bastata un’entità microscopica per mettere in  ginocchio sette miliardi di persone, per farci capire che l’uomo nonostante la scienza è impotente di fronte alle calamità e tutt’a un tratto mi sento fragile, mi sento come un bicchiere di vetro sostenuto da un filo sottilissimo: potrei cadere da un momento all’altro. Mi immedesimo di nuovo nel me degli anni precedenti che ora sono finiti, e non torneranno più perché nulla è eterno, i cicli si arrestano tutto può cambiare da un momento all’altro e non si può fare niente per arrestare questo processo imprevedibile. Questo virus ci ha insegnato a non dare nulla per scontato, a vivere al massimo quando ne abbiamo la possibilità e ad apprezzare il presente davanti a un futuro incerto. 

Quando tutto finirà non dovremo vivere come prima, ma più di prima.

Fabio, 3D