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Complicamente. Coronavirus il futuro indecifrabile: e i nostri figli?

Gentile dottore, credo sia arrivato il momento di tacere sui mass media. Abbiamo capito che è il momento di stare a casa, che ci sono regole indispensabili per la salute, anzi la vita di tutti, che le perdite sono immense. Lo abbiamo capito, ma ore dobbiamo pensare a sostenere le nostre famiglie e i nostri figli, e se cadiamo in angoscia o in depressione, noi papà e noi mamme, con il continuo surplus di notizie, come faremo? Come faremo a trasmettere sicurezza e gioia ai bambini? Come faremo a non piangere in silenzio quando torniamo a casa senza la scatola di guantini monouso, introvabili dopo 2 file in market diversi?Come faremo a concentrarci sul tablet per aiutare i nostri figli a seguire le lezioni e fare i compiti? Ho tre figli, l’ultimo di 1 anno Potrà un giorno frequentare regolarmente la scuola? Giocare con altri bimbi, tornare sudato dal calcetto, andare al cinema a vedere un cartone animato? Tutto ciò che abbiamo avuto è perso? Siamo stati felici e non lo sapevamo. Grazie dottore per qualsiasi piccola parola di aiuto saprà scrivere per me.

Un papà di Marano

 

C è stato un tempo (non molto lontano) in cui pensavamo di essere i padroni del nostro tempo, pronti a frammentarlo, sezionarlo, in parti sempre più piccole, dando ad ognuno di esse un fine sempre ben preciso. In questa parcellizzazione sempre in coda si trovava il tempo per i nostri sentimenti, per i nostri affetti e per le nostre emozioni. Al tempo cronologico, simbolo della cultura occidentale, avrebbe dovuto fare da argine il concetto di tempo vissuto (Eugene Minkowski). Quello che nasce dalla nostra interiorità ed esperito come flusso continuo dalla persona nel suo essere nel mondo qui e ora. Idea totalmente diversa, che non concilia con il nostro modo di vivere. Quello che si propone in questi giorni di forte malessere generalizzato ci mette di fronte a noi stessi facendoci confrontare con parti nostre più intime, ma minacciosamente alienate nel mettere a nudo aspetti a noi stessi sconosciuti. Paradossalmente potremmo considerare quella attuale una condizione di libertà, visto che i vincoli dovrebbero arrivare solo da quello che riusciamo ad imporci. Ma dalle testimonianze che raccogliamo si evince che siamo invasi da vissuti di angoscia, di insufficienza e inadeguatezza, rispetto ai cambiamenti che si palesano, e che ci proiettano ad un futuro nebuloso e privo delle pseudo certezze che fino ad oggi ci avevano accompagnati. La vita a portata di click ha determinato l’impoverimento dei nostri valori, il misconoscimento di quello che ci circonda; questi aspetti sono stati amplificati dalle attuali forme di “isolamento doveroso” cui siamo costretti, fino a farci sentire stranieri in casa, alla vista di un menage che era sparito dal nostro orizzonte: ecco la nostra dimensione di ec-stranei quando poniamo lo sguardo sui nostri cari, sui figli, che ci vedono gironzolare per casa. Quelli più grandi somiglianti a piccoli centrali elettriche con i fili che escono dalle orecchie e con il pc sempre in mano, in attesa della video lezione che la scuola propone. Non è il caso ora di parlare della scuola, ma è opportuno ricordare che quello dello studio a distanza è solo uno strumento di necessità e che la scuola non è solo la didattica. Si fa in ogni caso affidamento al buon senso degli insegnanti per il suo buon uso. I bambini piccoli hanno dal loro canto una grossissima risorsa, il gioco. Attraverso esso hanno la possibilità di canalizzare per la via ludica quell’area plumbea che respirano osservando le espressioni sul volto dei loro genitori. Noi purtroppo abbiamo smarrito per strada la nostra capacità di giocare, quel bambino che avevamo dentro di noi lo abbiamo ammazzato (Neruda) e ci troviamo qui a riflettere sulle nostre mancanze. Probabilmente da queste si dovrebbe partire, caro signore, per arrivare a spingere sul pedale del desiderio, per poter renderci conto che quello della corsa al consumismo non faceva altro che nascondere il nostro reale bisogno emotivo.Virus significa veleno, le fiabe che ci raccontavano le nostre nonne ci hanno insegnato che per ogni veleno ci vuole l’antidoto giusto e forse non bisogna spostarsi più di tanto per trovarlo, perchè può essere a portata di ognuno… l’ amore.

Dott.Raffaele Virgilio, psicologo e psicoterapeuta