Passatempi al tempo del coronavirus

È l’1 marzo 2020 e mi è appena venuta in mente un’idea grandiosa: raccogliere 2 o 3 amici, i più fidati, per intraprendere un’avventura che possa dare un po’ di brio a queste noiose, che dico, noiosissime giornate di stop; continuate a leggere perché d’ora in avanti descriverò tutti i punti salienti di questa, spero emozionante, giornata.

Questo no, lui può andare, quello assolutamente no… ho deciso, i miei compagni di viaggio saranno Mario e Alessandro, non mi resta che convincerli.

Neanche a dirlo hanno accettato immediatamente e hanno chiesto maggiori dettagli del mio malefico piano; ho tirato un gran sospiro e gli ho detto che il nostro obiettivo era quello di entrare nella zona rossa, precisamente a Codogno.

Assimilate le mie parole, con l’espressione di chi non sa se seguire l’angioletto buono o il diavoletto cattivo, dopo qualche secondo di silenzio mi hanno stretto la mano e hanno cominciato a preparare tutte le cose per la spedizione.

Ora non restava altro che trovare il mezzo con il quale raggiungere la famigerata meta, infatti nessuno di noi era maggiorenne e chiedere a uno dei nostri genitori era una scelta un po’ azzardata quindi, alla fine, abbiamo optato per prendere un autobus che ci avrebbe portato a circa 3 chilometri da Codogno per poi farci l’ultimo pezzo di strada a piedi.

Verso le 5 di pomeriggio siamo quindi scesi dall’autobus e non prima delle 5,30 siamo arrivati in prossimità delle “porte” di Codogno; potete immaginare come in giro ci fossero più volanti della polizia che persone, abbiamo allora riflettuto un attimo e deciso di scavalcare la staccionata di una cascina abbandonata per entrare nella città senza essere visti.

“Siamo dentro” ho esclamato subito, il cuore ci batteva e non sapevamo cosa fare, non sapevamo se tornare indietro o continuare imperterriti nella nostra impresa; abbiamo taciuto fino a quando Alessandro ha detto che ormai avevamo fatto troppa strada per abbandonare tutto e tornare sconfitti a casa, dovevamo farci coraggio e non pensare alle possibili conseguenze negative.

Non ce lo siamo fatti ripetere due volte, abbiamo ripreso il cammino stando però attenti a non farci vedere dalla polizia e a non toccare niente per evitare di contrarre il temutissimo virus.

Ci siamo aggirati per le desolate vie di Codogno, una scena tetra a cui difficilmente dei ragazzi di sedici anni hanno assistito prima d’ora; non c’era anima viva, un silenzio terrificante rotto solamente dal fruscio del vento.

Nessuno di noi osava proferire parola, ognuno andava dritto per la sua strada seguendo ciò che gli diceva l’istinto; ad un certo punto però sentiamo un suono di sirene farsi sempre più vicino, ci compare davanti una volante della polizia con luci e allarme accesi, ci avevano beccati.

La prima cosa che mi è venuta in mente è stata di scappare senza pensare a niente e nessuno ma poi ho pensato che sarebbe stato solo peggio quindi mi sono fermato e ho convinto Alessandro e Mario a fare lo stesso.

Inutile dire che alla domanda di un poliziotto: “ragazzi che cosa ci fate qui?” abbiamo dovuto raccontare tutto per filo e per segno perché siccome la verità in un modo o nell’altro sarebbe saltata fuori tanto valeva confessarci subito.

Allora, nonostante le nostre suppliche di chiudere un occhio e lasciarci andare via come se nulla fosse, ci hanno portati in caserma e, dopo aver chiamato i nostri genitori, ci hanno dato una sanzione di 360 euro ciascuno e una bella quarantena sorvegliata di 15 giorni.

La punizione dei miei genitori non posso dire sia stata da meno: avrei dovuto tirare fuori i soldi di tasca mia e la quarantena l’avrei dovuta passare senza cellulare e qualsiasi dispositivo elettronico. La morale di questa mia esperienza è che a volte è meglio seguire le regole a noi imposte piuttosto che fare di testa propria perché se no si rischia solo di peggiorare la situazione.

Quindi mi raccomando state tutti a casa!

Classe 3B