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Coronavirus e didattica a distanza La “profezia” di Bill Gates del 2015

La “profezia” di Bill Gates del 2015

«Un virus molto contagioso ucciderà 10 milioni di persone nei prossimi decenni»

In queste giornate angosciose, che stiamo trascorrendo in casa per difenderci da un nemico invisibile, tra i diversi compiti e lezioni che stiamo svolgendo a distanza, ci è stato chiesto di esprimere nostre considerazioni sulla supposta “profezia” di Bill Gates e sulle conseguenze del Coronavirus sull’economia e in particolare, per noi che siamo studenti dell’Istituto Tecnico Economico indirizzo Turismo, sul crollo della domanda turistica. «Se qualcosa ucciderà 10 milioni di persone nei prossimi decenni – ha pronunciato Bill Gates nel 2015 durante una conferenza -, è più probabile che si tratti di un virus molto contagioso anziché una guerra. Non missili ma microbi. Il mondo non è pronto per la prossima epidemia». In effetti, le parole pronunciate dal fondatore di Microsoft suonano come una profezia, avendo egli ipotizzato uno scenario molto simile a quello che si è verificato in questi giorni. «Noi abbiamo investito moltissimo in deterrenti nucleari – rinforzava Gates, cinque anni fa nella TED Talk – ma abbiamo investito pochissimo in un sistema che possa fermare una epidemia.

“Abbiamo investito pochissimo

in un sistema che possa

fermare una epidemia”

E non siamo pronti per la prossima epidemia». Alla base della sua tesi, c’era l’argomentazione che, negli ultimi decenni, gli investimenti globali in ricerca militare erano stati di gran lunga superiori a quelli messi in campo per la lotta contro i virus. In Italia, ci siamo così ritrovati con un sistema ospedaliero dalle risorse spaventosamente scarse, conseguenza di scelte politiche che hanno portato notevoli riduzioni del numero di posti-letto per ricoveri, in modo particolare, nelle rianimazioni e terapie intensive. Da questo punto di vista, la situazione non è migliore in altri Paesi dell’occidente europeo che si ritrovano a contrastare il terribile contagio del Covid 19. In televisione, per restare in Europa, vediamo la catastrofe sanitaria che ha investito la Spagna, ma le cose non sono per niente rassicuranti in Francia, se è vero, quanto dicono autorevoli giornali d’Oltralpe che «dentro tutti gli ospedali francesi si va verso la saturazione dei servizi d’urgenza». Inoltre, abbiamo tutti, governi e semplici cittadini, sottostimato la carica distruttiva dell’epidemia di coronavirus scoppiata in Cina. Per settimane abbiamo letto distrattamente di quanto stava accadendo nel lontano oriente, senza prendere in considerazione il fatto che il virus poteva viaggiare agevolmente in un mondo globalizzato e raggiungerci. Non diversamente si è comportata l’opinione pubblica dei paesi europei e degli Stati Uniti a fronte dell’insorgere della crisi in Italia. Oggi stiamo vivendo qualcosa più grande di noi, inaspettata e mai pensata. Questo Coronavirus ha portato in tutto il mondo morte, disaggio e disperazione. Ognuno di noi si sta impegnando a rispettare le misure per rispetto civile verso l’altro e per il bene di tutti, ma oltre ai disastri sanitari che si stanno sommando ci saranno conseguenze economiche inimmaginabili. Ogni settore economico sta soffrendo questa crisi, la produzione è diminuita più del previsto, le esportazioni sono bloccate. Come in una tempesta perfetta, la crisi ha colpito contemporaneamente l’offerta e la domanda mondiali di beni e servizi. Quanto alla prima, le misure di contenimento del virus adottate in Cina hanno interrotto la catena delle forniture che la globalizzazione ha distribuito nel mondo. Per fare solo un esempio, la Fiat (FCA) ha dovuto chiudere alcuni stabilimenti per mancanza di componenti fabbricati in altri paesi. Allo stesso tempo, il blocco dei voli, la chiusura degli esercizi commerciali, il confinamento delle persone nelle case e le altre misure adottate per contrastare la diffusione del virus hanno comportato un crollo della domanda. Nella maggior parte dei casi si tratta di una perdita secca, non determinata da un rinvio delle decisioni di spesa. Quando usciremo dalla crisi, non andremo dieci volte di più al ristorante per recuperare le cene perdute. Il turismo è uno di quei settori al momento più colpito, insieme ai trasporti internazionali e alla logistica. A essere fermo è proprio il turismo globale con il blocco, da parte di quasi tutti i paesi degli arrivi e partenze per evitare che il covid 19 si diffonda, passando così da una fase di globalizzazione a una di deglobalizzazione. Tutto questo porterà a gravi rischi economici, in primis ancora non sappiamo nemmeno se uno di questi giorni troveranno la cura per la pandemia. Speriamo che questo brutto film passi presto affinché torniamo alla vita normale, portando a galla l’economia, perché se noi stiamo dentro, tutto potrà finire e tutte le attività si riprenderanno.

Allievi della IV E Turismo – Istituto tecnico economico “G. Galilei” Vibo Valentia