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Camillo Cibotti: “Siamo testimoni di un cambiamento epocale. E non saremo più come prima, saremo diversi, speriamo migliori!”

Il Vescovo della Diocesi di Isernia-Venafro, Camillo Cibotti, in questo momento di grande emergenza sanitaria e sociale, “che sembra ci stia espropriando di tutto: dei nostri spazi, del nostro tempo libero, delle nostre relazioni e persino dei nostri affetti”, ha ritenuto di rivolgere una accorata e devota benedizione a tutti gli studenti ed alle loro famiglie, formulando gli auguri per una serena e Santa Pasqua, seppure “diversa ma sicuramente più vera”, nell’auspicio, però, di una rinascita, umana e spirituale.

Sua Eccellenza, nel suo benevolo e caro saluto, ha ribadito il forte sentimento di fiducia e di speranza, che ripone in noi giovani per il futuro che verrà, evidenziando, purtuttavia, una sorta di imprescindibilità, quasi anticipatoria, per il non facile presente che viviamo.

Il senso è che c’è bisogno ineludibile di noi; è quasi una chiamata alle armi nell’esercito di Cristo.

Dunque, ci invita, a far leva, in modo solerte, sulla nostra vitalità, quella che caratterizza i nostri anni; ci richiede generosità ed inventiva per dimostrare appieno il nostro valore, così da metterlo al servizio del nostro Paese, afflitto e sanguinante, come il Cristo sulla croce.

È dolce, tra le righe, l’elogio sentito alla nostra bella Italia, troppo spesso sottovalutata e vilipesa, ed ora, invece, riconosciuta in ogni parte del mondo come simbolo della battaglia contro questo nemico invisibile; e così pure l’apprezzamento per un ritrovato orgoglio nazionale posto ad emblema dell’impegno offerto da tutti in questa immane tragedia. È in ciò la percezione di un ritrovato slancio altruistico e di solidarietà, quasi d’altri tempi, riassunto nella capacità e nella ostinazione di aiutare il nostro prossimo; di difendere strenuamente la vita umana ed il suo valore, ad ogni costo.

Vi è la traccia di un mite suggerimento per un ritorno alle cose semplici, ai suoi sapori, ai suoi rumori, ai suoi silenzi; in altre parole, la riscoperta della ordinaria quotidianità, forse smarrita, da ciascuno di noi; ovvero quella della famiglia, della natura e, perché no, della preghiera.

Infine, il monito a non aver paura di chiudere le finestre che teniamo aperte sul mondo, perché altrettanta bellezza alberga nelle nostre esistenze e nelle nostre case.

Ed “in questi spazi ristretti ed angusti”, luoghi di consapevolezza ed accoglienza, scrive il Vescovo, “ nei quali siamo rinchiusi con i nostri pensieri e sentimenti, c’è posto per Dio. Quel Dio che è difficile riconoscere in ciò che sta accadendo adesso. Quel Dio che sarà al nostro fianco, sempre”.

Ma, alla domanda, “che fa Dio in questo momento? (…) Perché Dio sembra rimanere indifferente di fronte al dolore e alla sofferenza dell’uomo?”, il Vescovo non ha risposte da dare, evidenzia, però, che anche Gesù ha percorso la strada della fragilità e della debolezza, ma non ha mai visto il dolore, la sofferenza e la morte come una sconfitta.

“Quando egli ha dato parola a ciò che pensava e sentiva dentro di sé ha voluto far emergere dal momento buio che stava vivendo il fulgore di una opportunità: manifestare il bisogno di Dio, di un Altro che fosse presente e vicino. Questo compie Dio nella storia dell’uomo! Quando il suo modo di agire a noi rimane incomprensibile, egli può avere una sola ragione: attendere il grido dell’uomo che si abbandona nella Sue braccia e alla Sua volontà.”

 

Candida Izzi

 

 

Carissimi giovani