Vita in corsia: l’intervista a un infermiere

Di Flavia Paladino

Intervista a Valerio Copoodi, 23 anni, laureto da poco in infermieristica all’Universita di Tor Vergata.

Cosa hai provato quando ti è stato chiesto di lavorare a stretto contatto con i pazienti affetti da Covid-19?

“Inizialmente ho provato tanta paura, ma non mi sono tirato indietro e ho dato subito la mia
disponibilità”

Come si svolge la tua routine in servizio?

“Alle 5 del mattino, a volte anche prima, mi metto già in cammino per raggiungere l’ospedale. Poi
inizio il mio turno di sette ore. A seconda delle esigenze veniamo assegnati o in terapia intensiva o
in malattie infettive e in base al reparto in cui si è assegnati si svolgono attività diverse”

Che misure di sicurezza prendi ?

“Indossare gli indumenti di protezioni è essenziale, infatti lo facciamo sempre in coppia. Per prima
cosa iniziamo dalle mascherine, poi il camice, la cuffia, gli occhiali e i guanti.

Qual è la la cosa più importante del tuo lavoro?

“Senz’altro controllare i parametri vitali dei pazienti”

Come fai una volta tornato a casa a proteggere i tuoi familiari?

“Io vivo con i miei genitori, è importantissimo per me proteggerli dal contagio. Per chi ha la possibilità
si spostano nelle seconde case, ma per chi come me non ne ha si sceglie l’auto-isolamento. Quindi
limito i contatti e uso costantemente la mascherina, anche a casa.

Come riesci a gestire la tensione e la paura che si accumula durante la giornata?

“Sicuramente la paura di essere contagiato e di contagiare le persone intorno a te è tanta, infatti
basta solo una piccola distrazione dovuta alla stanchezza. Ma ci facciamo forza tra di noi e
cerchiamo di sdrammatizzare il più possibile”

Vorresti dire qualcosa a chi si ostina ad uscire?

“Si, vorrei solo chiedere alle persone di diffidare di chi sottovaluta il virus. Non si tratta di un influenza
e si muore, anche giovani”