Aborto, il mondo dei medici diviso in due parti

La parola aborto deriva dal latino: “abortus”,  e significa letteralmente “allontanato dalla nascita”. Nel campo medico, aborto, significa espulsione dell’embrione nel periodo che va da 0 giorni a 6 mesi, in quanto dopo tale periodo il bambino può nascere e sopravvivere. L’aborto può avvenire per cause naturali o per volontà umana. L’aborto spontaneo avviene generalmente entro la 22esima settimana di gestazione, l’aborto volontario avviene mediante intervento chirurgico, entro 90 giorni di gravidanza. La complessità dei problemi che affliggono la società moderna, ha reso necessario un approfondimento, oltre che sul concetto di “persona”, anche sulla questione “quando inizia la vita di una persona?”. Al, riguardo si sono definiti tre atteggiamenti differenti: l’impostazione convenzionalista sostiene che un essere umano già nato può essere definito persona; l’impostazione essenzialista sostiene che si parla di persona al momento del concepimento; l’impostazione fenomenista sostiene che l’embrione non è persona fino ai dieci giorni dalla nascita.

Fino agli anni ’70 la legge italiana proibiva l’aborto e prevedeva, per le donne che lo praticavano, pene da 1 ai 4 anni di detenzione. Nel ’78 venne approvata la legge che dettava le norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.

La Chiesa sostiene che Dio ci ha donato la vita, ma non come proprietà di cui poter disporre apertamente, reputando come “omicidio” vero e proprio la pratica dell’aborto.

La vicenda di Valentina Milluzzo, la giovane donna incinta morta lo scorso 29 settembre all’ospedale Cannizzaro di Catania, ha riacceso i riflettori sull’obiezione di coscienza nella sanità pubblica italiana. Quello dei ginecologi che si dichiarano obiettori è un fenomeno in crescita, nell’ultimo decennio aumentato, tra i medici, dal 58 per cento al 70 per cento. Una realtà che non trova paragoni in altri Paesi europei simili all’Italia. La giovane donna siciliana, incinta di due gemelli e al quinto mese di gravidanza, è deceduta a causa di setticemia a seguito di un aborto spontaneo. Secondo i familiari, si sarebbe potuta salvare se i medici fossero intervenuti inducendo le contrazioni quando i due feti erano ancora vivi, ma il ginecologo di turno si sarebbe rifiutato di intervenire in quanto obiettore, dicendo: fino a che «il cuore del feto batte non posso fare niente». Al momento è aperta un’indagine che coinvolge dodici tra medici ed altro personale sanitario.

Syria Patti, III BL